Gola di DyGray

Nonostante le terre del Dygray rappresentino una delle regioni fontatrici della Valle dei Sogni, le condizioni geografiche e naturali rendono i contatti fra gli abitanti di questo luogo e le zone circostanti molti radi. Le vaste terre di Dygray, circondate da alte montagne aride, sono popolate da diversi clan, ognuno con le proprie leggi e i propri Dei. Accettano e rispettano le leggi del regno ma di rado i suoi abitanti si fanno vedere nelle altre regioni. Impotante punto di contatto è fra i Druidi di Dygray e quelli di Sybilland, che legano le loro vite al servizio di Madre Natura.Il clima è duro a Dygray, le rare piogge rendono le estati secche e torride, e il lungo inverno come una lama tormenta gli abitanti della regione, rendendo le loro coltivazioni scarne e sterili.
Forte è l’influenza degli sciamani che, con i druidi, abitano isolati nelle zone sud della regione. Una volta all’anno i capi dei Clan si uniscono per incontrarsi con i rappresentanti dei sacerdoti, per discutere delle loro più o meno forti alleanze. Poco si conosce di queste terre, a causa della loro crescita isolata, ma famosa in tutto il regno è l’ abilità nel combattere dei guerrieri cresciuti nei Clan.Attraversati i rigogliosi boschi delle Terre Elfiche, i dolci pendii si trasformano in vette imponenti. Qui, nel cuore delle montagne, sorge la regione di Dygray nelle cui verdi vallate, rese fertili dai fiumi che scendono dai ghiacciai eterni, hanno trovato dimora i clan dei Runii. Così viene chiamato il popolo di Dygray, un nome che deriva dalla parola “runa” ovvero sussurrare; si tratta di testi incisi o addirittura tatuati sulla pelle che i Runii sono soliti usare. .Poche sono le vie che conducono a questa terra e le conosciute sono difficili al passo, ma se viaggiatore un giorno riuscirai a raggiungerci avrai modo di metterti alla prova, qui attendono giorni di gloria eterna…

Il bestiame muore, la prole muore, ogni uomo è mortale; ma la fama di colui che ha agito bene non muore mai.
Il bestiame muore, la prole muore, conosco una cosa che non muore mai, la gloria dell’azione grandiosa.

Runii

Società dei Runii
La società dei clan è organizzata in tre classi: guerrieri, sciamani, liberi contadini e, per alcuni clan, gli schiavi. Tutti hanno diritto di parola nell’assemblea chiamata Thing che si tiene due volte l’anno in ciascun clan (anche se con modalità differenti), dove vengono discussi i problemi interni. La giustizia viene esercitata con modalità differenti a seconda del clan; se è il solo capo clan a decidere i Runii accettano la decisione, altrimenti viene indetto il Thingvellir a cui partecipa il popolo che si divide tra accusa e difesa facendo il tifo per la parte sostenuta; si passa poi alla votazione ed il verdetto dipende da dove si schiera la maggioranza. Tuttavia a volte lo Thing non ha la forza di far rispettare il verdetto, si tratta solo di un sostegno morale. Appare chiaro che un uomo è ritenuto colpevole o innocente in funzione delle persone che lo sostengono, dunque più peso sociale ha più uomini si schiereranno dalla sua parte. Si tratta di un democrazia subordinata alla struttura sociale.

L’esercito dei Runii
Combattere è un onore e morire con la spada in pugno porta la gloria ed è una morte onorevole. Il popolo dei Runii è noto per il suo carattere bellicoso. Non è costituito da un esercito regolare, tutto è basato sul vigore e la potenza. I guerrieri Runii non indossano una uniforme e ognuno deve vestirsi e armarsi con i propri mezzi, anche le donne proverbialmente ambiziose partecipano alla battaglia o difendono il territorio mentre l’uomo è in guerra.
Al comando dell’esercito viene nominato il più influente degli Hersir in un’Assemblea degli Armati chiamata Thingmaralen: da loro viene nominato il Kier-Hersir titolo che corrisponde a quello di “Generale Supremo”.
I migliori guerrieri dei clan chiamati gli Jarl, costituiscono la spina dorsale della temibile armata e corrispondono ai cavalieri feudali delle altre regioni.

Sippe
Il termine richiama il concetto di famiglia. Ogni clan è suddiviso in Sippe, chi ne è fuori non ha nessun peso sociale.

Titoli tra i Runii
Hersir : capo clan
Hugen : capo villaggio
Jarl : miglior guerriero del clan
Kier-Hersir : generale supremo
Haste Sippe : casa dei saggi

Ogni anno tutti i druidi e gli sciamani della regione di Dygray si riuniscono per scambiarsi le reciproche conoscenze o per eventi eccezzionali che toccano il popolo dei runii. queste assemblee avvengono nell’Haste-Sippe che nella lingua corrente si traduce in “Casa dei Saggi”. L’Haste-Sippe si trova in terrotorio neutrale ai clan, luogo destinato ai druidi e alla coscenza a nessuno viene vietato l’accesso se le intenzioni sono buone. Si tratta della costruzione più grande della regione e viene spesso definita Palazzo dagli stranieri, esso si erge in tre piani ed è grande dieci volte la casa comune di una Sippe, costruita con una pietra bianca che di notte pare illuminata dagli astri, attrae l’ammirazione dell’osservatore nonostante la sua semplicità. Qui i druidi accolgono i discepoli e svolgono i loro riti, mantengono contatti con il Bosco di Giada nella contea di Sybiland i cui druidi spesso vengono mandati da loro per apprendere gli arcani misteri, infatti mentre gli Sciamani sono propensi a guidare e proteggere il proprio clan, i druidi si sentono al servizio dell’intero stato di sua maestà Linnea.

Pur essendo Dygray uno dei territori che per primo si unì a formare il “Regno Antico” ai tempi della prima dinastia Selede, la conformazione del Territorio e la suddivisione in clan rende il rapporto fra i Runii e la corona particolare.

Le terre di Dygray mostrano una forte identità, che nessuno dei Regnanti Seledi ha mai voluto in alcun modo cambiare, ottenendo e mantenendo in questo modo un rapporto di pace e rispetto fra i clan e la corona. I Seledi non intervengono mai nelle questioni interne a queste Terre, lasciando ai clan la gestione del territorio e della gente che vi risiede,  a patto che queste rispettino i regni confinanti e la Corona stessa e a questa siano leali.

Con l’avvento dei Draghi l’orgoglioso popolo di Dygray è stato sottoposto ad una dura prova, rischiando quasi l’estinzione. A causa di un inganno macchinato dal Necromante Orion il Nero per commissione dei Draghi si è consumato un vero e proprio massacro. I caduti di questa terra sono stati vendicati durante un brattaglia, chiamata della Torre Nera, quando il popolo di Dygray e l’esercito degil Elfi proveniente da Terre Elfiche e guidato dal Nyana, Domynic Selede, ha ottenuto nuovamente la sua libertà. In tale occasione Varvares, Varvares, Occhio degli Dèi, sciamana dei Coda Lup­o, mischiò il proprio sangue a quello dei Seledi nella veste di Domynic, unendolo alla terra di Dygray, benedicendola e rinnovando il  legame fra questa terra e la Corona.

Domynic Selede era in ginocchio dinnanzi alla Torre Nera con le mani affondante nella terra resa fangosa dal sangue e dalla pioggia che aveva iniziato  cadere dopo la fine della battaglia, come se il cielo volesse mondare via il sangue dal corpo e dallo spirito di coloro che avevano appena finito quella estenuante lotta per riconquistare Dygray.

L’acqua picchiettava ritmicamente sui volti stanchi dei presenti, lavandone via il sudore e le lacrime di stanchezza e gioia.

Un grande boato si era alzato dai clan, facendo vibrare la terra , quando l’ultimo nemico era caduto.

Un urlo di vittoria, vendetta, gioia, che aveva fatto tremare tutta la gola di Dygray, riveberando fra le gole ed i picchi, fino a raggiungere i cuori dei nascosti.

“Terra violata dal male” aveva mormorato il Nyana mentre le dita lunghe ed affusolate grattavano nel fangoso terreno sul quale era inginocchiato. Sia per il sangue Selede grazie alle peculiari doti nate dall’essere un Nyana, Domynic sentiva il tormento di quella terra martoriata e coperta dal sangue degli innocenti ora mischiato a quello dei draconici e dei cultisti massacrati dall’esercito e dai clan.

“Avvelenata dall’inutile violenza che si è consumata. Sangue troppo innocente è stato versato”

Ed era vero. Donne, bambini, persone inabili al combattimento erano stati sacrificati dalla mente di Orion per far cadere Dygray mentre i clan trovavano riparo nelle terre elfiche, ingannati dallo stregone e dalla sua perversa visione del mondo.

“Non possiamo andarcene fino a quando questo orrore non sarà mondato”

Così Domynic Selede aveva cercato lo sguardo di Varvares. Servivano sciamane, druidi e sacerdoti. Serviva ridare pace a questa terra per permetterle di rifiorire.

Varvares. Le vesti infangate, le mani abbondonate lungo i fianchi guardava gli uomini e le donne che lo circondavano con dolore, percepiva i loro cuori spezzati e avvertiva l’urlo di dolore della terra sotto i piedi. Nyana era al suo fianco, la bionda chioma bagnata dalla pioggia gli si appiccicava al viso e alla leggera cotta di maglia che aveva indossato per la battaglia, i suoi occhi sembravano più grandi mentre lo guardava, più espressivi o forse era la sua tristezza a rispecchiarsi nei suoi. Guardò in alto verso le nubi rischiarate dal mattino, in attesa di una risposta, un buon auspicio, una mano che lo sostenesse o semplicemente la spiegazione del perché tutto questo era capitato alla sua terra. Alla sua Valle.

Annuì alle parole del Sacerdote delle Anime “Andrò a parlare con Liliuty, il frutteto sacro è bruciato ma lui che ne è il custode è rimasto per salvare quello che può. Gli sciamani a Dygray hanno sempre avuto molti apprendisti e così anche i druidi del palazzo ora in rovina” posò una mano sulla spalla di Nyana “Saranno i giovani a mondare via l’orrore che pregna la terra”

Ed i giovani apprendisti degli Sciamani morti e partiti per l’inganno non si tirarono indietro. Loro erano il futuro e sulle spalle portavano il retaggio di grandi uomini spirituali in un una nuova era.

Il pomeriggio era ormai prossimo al tramonto quando i preparativi per la cerimonia furono stati ultimati. L’intera popolazione superstite si accalcò in cerchio creando il perimetro in cui il rituale stava prendendo inizio, in silenzio solenne guardavano Nyana e Varvares rendere sacra la terra.

Un colpo di tamburo annunciò l’inizio. Tre donne e quattro uomini vestiti di bianco camminarono in mezzo alla gente che fece loro ala, in testa camminava Liliuty sacerdote del frutteto sacro che intonò il canto votivo dedicato alla Grande Madre. Il popolo abbandonò il silenzio e si unì al canto con il sacerdote facendo vibrare l’aria e scaldare la terra.

Raggiunto il cerchio i sette chinarono la testa per salutare le due figure in attesa disponendosi intorno a loro creando un nuovo cerchio.

Il canto terminò e a turno gli uomini e le donne vestiti di bianco portarono in alto ciò che recavano in mano Liliuty alzò le braccia per primo recando una mela “Grande Madre, nelle montagne giaci per sette notti intere e un giorno”  

“Allora cosa mangi? Primule e viole” disse la seconda alzando in alto il sacchetto di semi

“Allora cosa bevi? Le fresche acque della polla” recitò il terzo portando in alto una ciotola piena di acqua

“Allora cosa vesti? La rosa rossa e il giglio” recitò il quarto portando in alto le mani insanguinate e un ramoscello.

“Tu che ammiri molti mondi guardaci e guida gli iniziati nell’Altro Mondo” recitò il quinto alzando un piccolo specchio.

“Tu che avvolgi la ruota che fila i fili delle nostre vite” recitò il sesto alzando un rocchetto.

“Volgi lo sguardo sul popolo che dal tuo ventre è nato” recitò la settima alzando la coppa.

La terra risponde sempre a chi la tratta con cura ed amore.

Questo era uno dei messaggi che vieni insegnato agli elfi.

Rispetta la Natura.

Amala.

Nutrila.

Curati della terra, perchè della terra tu sei parte.

Domynic questo lo sapeva bene. Osservava il rito di Dygray ed intanto recitava le sue preghiere.

“Un tempo, la terra degli uomini si è unita alla terra degli elfi. L’acqua di un ruscello si è mischiata a quella dell’altro. Il sangue di uno, si è intrecciato con quello dell’altro. Così è nata la terra sulla quale noi stessi camminiamo. Dall’unione . E così, oggi io sono qui,  per rinnovare questo legame. Per purificare questa terra con questa unione perchè non venga mai più dimenticata”

L’elfo aveva preso una grigia ciocca dei capelli di Varvares e l’aveva intrecciata con i suoi. Oro ed argento. E così, aveva sepolto quel simbolo di unione ricoprendolo con la terra e bagnandolo con acqua purificata.

“Perchè la notte ci sia testimone. Ed il nuovo giorno accolga la rinsaldata unione”

Aveva pregato gli dei delle stelle, che tanto sono care agli elfi. Ed aveva chiesto perdono alla Luna, perchè questa unione un tempo era stata dimenticata.

“Ed al sole chiedo di essere testimone della nostra rinascita, e di rendere questa terra pura, priva di dolore, e libera dalla sofferenza. Perchè con la tua luce possa guidare gli spiriti che qui dimorano inquieti,  le anime di coloro che, troppo precocemente o troppo brutalmente, sono stati sottrattati da questo luogo”

“E alla luna chiedo di essere testimone della nuova alleanza, benedicila e rischiara i pensieri più oscuri conducendoci sul sentiero dei giusti” finì di dire Varvares “Ricostruiremo e proteggeremo la terra”

I Clan

Attività e sostentamento
I Melec-Silik si sostengono allevando il bestiame e lavorando la terra, secondariamente cacciando, pescando e raccogliendo piante selvatiche, miele e uova.
Il clan misura la ricchezza in termini di produzione in cereali ed animali, la terra è fonte di ricchezza, simbolo di prestigio e potere quindi tutti aspirano a diventare proprietari terrieri.
I fattori addomesticano i buoi, temperano i vomeri, rinforzano con legname case e fienili, costruiscono carri. Ogni Sippe comprende sei o otto fattorie, ognuna con la sua casa d’abitazione, i suoi granai, officine e magazzini.
Interi campi di cereali vengono destinati alla preparazione della birra, bevanda nutriente che i Melec-Silik consumano copiosamente. Altrettanto importante è lo scambio delle merci, quali spade con ambra, vino e articoli in pelle ed ornamenti fabbricati dagli artigiani.

Usi e costumi
I Melec-Silik sono chiassosi e gaudenti tanto da urtare nella sensibilità di uomini provenienti da società più sofisticate. D’altra parte lo straniero rimane affascinato dalla bellezza di questo popolo, dall’abilità delle donne di truccarsi e colpito dal fascino degli uomini; puliti, si pettinano, vestono con cura e perciò hanno successo inevitabile con le donne.
Per quanto ci tengano nell’aspetto i Melec-Silik sono uomini capaci di grande efferatezze. La stele runica al confine del territorio del clan recita:

“Come ci scontriamo bene noi violenti Melec-Silik! Rosse fiamme divorano i tetti delle case, infuriammo e uccidemmo e infilzammo corpi”

Fra i doveri minori della Sippe ci sono le regole dell’ospitalità, sulle porte è inciso:

“Chi resta ospite più del dovuto in una casa che non è sua comincia a puzzare”

I contadini Melec-Silik usano radunarsi per celebrare le festività religiose portando gran quantità di cibo, bevande e animali sacrificali. Il sangue delle bestie in queste occasioni viene raccolto in vasi e sparso sul tempio e sui fedeli, la carne cotta in un calderone e consumata nel Thingvellir dove tutti bevono alla salute del dio e dei defunti.

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La società è divisa in tre grandi classi. Sebbene non siano rigide, questa ripartizione separa nettamente la gente comune dai favorita della sorte. In fondo alla scala sociale ci sono gli schiavi o i servi (figli di schiavi, prigionieri di guerra, uomini liberi privati dei loro diritti dalla giustizia) destinati ai lavori più umili, vengono generalmente trattati con mietezza e talvolta possono riuscire ad affrancarsi.
Sul gradino intermedio troviamo i contadini liberi (detti
Karl), gli artigiani, venditori, pescatori, maestri d’ascia, piccoli mercanti e soldati mercenari che prestano servizio ai capi (spesso figli cadetti di altri clan che non godono del diritto di eredità). Al vertice della scala sociale si trovano gli Jarl, ovvero i migliori guerrieri (per diventarlo bisogna correre gravi rischi) e l’Hugen che è il padrone della Sippe.
Quando serve gli Hugen del clan si radunano per eleggere l’Hersir che possa rappresentare tutte le Sippe. Un Hugen deve dare prova di coraggio, intraprendenza, fermezza, giustizia verso la sua Sippe e soprattutto verso gli Jarl che gli sono legati da vincoli di fedeltà reciproca.
Ogni membro della Sippe ha l’obbligo di contribuire al benessere, a tutelare l’ordine e a proteggerla dalle ingiustizie fisiche e morali e vendicarla dei torti subiti.

Religione
Il pantheon dei Melec-Silik riflette la loro bellicosità. La casa degli dei è una fortezza tra i prati eterni e in essa ci dimorano:
Wodan: creatore dell’universo e dio della guerra, della competizione, dei morti, della poesia e della magia.
Wotan: dio dei fenomeni naturali, la sua arma è il martello e il suo simbolo il fulmine.
Freyr: dio della fertilità, presenza pacifica rappresentata con un grande falco.
Questi tre dei insieme influenzano la vita quotidiana per aiutare e ostacolare, perciò i Melec-Silik se li ingraziano con rituali condotti dallo Sciamano presso il tempio.
Il grande guerriero che una volta morto verrà accompagnato a combattere insieme agli dei e agli eroi contro le forze del male, guerra destinata a concludersi con la sconfitta degli dei e la distruzione del mondo. La religione dei Melec-Silik non offre alcuna speranza di salvezza finale.

Amok
Per assicurarsi la vittoria contro i nemici in prima linea si battono gli amok o Berserker.
Prima della battaglia seguono i riti dello sciamano che pregai Wodan di guardare il sul suo popolo, dopo di che tutti bevono la pozione la cui composizione è segreta. Solo i favoriti di Wodan vengono toccati dalla sua mano e lotteranno in suo nome, infatti gli amok ignorano anche i vincoli più sacri quali la famiglia. Combattono senza risparmiarsi, non avvertendo dolore o stanchezza, lottano urlanti, talvolta nudi o vestiti di pelliccia; il nemico rimane terrorizzato credendoli demoni.

Le donne hanno pari dignità e obblighi degli uomini. Per legge la donna è padrona incontrastata della casa, porta come simbolo di autorità il mazzo di chiavi che servono per chiudere granai, magazzini e se la Sippe è ricca, la sauna  e il bagno.

Attività e sostentamento
A passeggiare di notte per le vie colpisce lo spettacolo fulmineo della popolazione d’occhi di pecora, che brillano una coppia per volta, greggi di pupille in rapida successione. Le presenze bianco-sporco che di giorno appaiono come ostacoli da evitare, di notte fanno pensare a spiriti druidici in veglia fra gli arbusti.
Niente di inquietante però, anche le pecore nel buio si comportano come tali: basta lasciare il tempo che ne scappi una e scappano tutte. Sono la faccia domestica dell’allevamento campestre dei Garvik, cui corrisponde quella più rada dei grossi, pelosi e cornutissimi buoi. Non sono però loro a fornire le bistecche che vi serviranno nelle taverne, perché usati per tirare l’aratro nei campi di cereali e per tirare i carri.

Usi e costumi
I Garvik sono un popolo ludico e gentile dai costumi molto semplici.
Gli uomini usano portare i capelli lunghi come le donne e si fanno crescere la barba. Le donne portano lunghe tuniche di lana tinte dai colori vivaci che si drappeggiano sulle spalle con spille ovali, mentre la tunica per l’uomo è più corta.
Le Sippe non vivono tutte insieme, tra una e l’altra si estendono i campi di cereali o i pascoli. Ogni Sippe è guidata da un Hugen che solitamente è il padre seguito giù nella scala gerarchica, dai fratelli minori, dagli zii e dai rami famigliari più recenti.
Ogni membro della Sippe ha un ruolo ben preciso e di conseguenza compiti da svolgere, c’è il fabbro, il pastore, l’agricoltore ecc…ed anche i figli più piccoli devono imparare a mandare avanti la Sippe oltre che imparare a combattere. La sera si riuniscono tutti insieme nella Duin (casa dell’Hugen) dove viene suonato il charsach e sulle note di quest’arpa tradizionale cantano e ballano.

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Per ogni Sippe a comandare è l’Hugen, che ha facoltà di adottare un nuovo membro o decidere se un matrimonio sia conveniente per la famiglia oppure no. Le donne detengono il controllo della casa e sono custodi dei beni del clan (questo perché tra i Garvik sono poche le donne che vanno in guerra, preferiscono difendere il clan da ingordi vicini quando gli uomini sono in battaglia).
I campi sono in comune tra le Sippe ed il raccolto viene suddiviso equamente per ogni famiglia, l’eccesso verrà venduto oppure barattato per acquistare un bene comune al clan.
Ogni qual volta si presenta un problema che riguarda l’intero clan dei Garvik, viene indetto il Thingvellir, a cui partecipano gli Hugen di tutte le Sippe, che si tiene nella Donan ovvero la casa dell’Hersir. L’Hersir dei Garvik è un Druido la cui saggezza riconosciuta renderà la decisione presa quella giusta e favorevole al clan, la decisione dell’Hersir verrà messa ai voti ma nessuno tra i Garvik si sognerebbe di votare contrario.
L’Hersir ha la possibilità di avere degli schiavi, questi abiteranno nel Donan e saranno istruiti dall’Hersir stesso diventando una sorta di discepoli e membri della sua Sippe; spesso sono gli schiavi ad occuparsi dell’istruzione dei giovani e seppur non hanno diritto di partecipare alle assemblee, sono ben considerati e ritenuti un bene del clan.

Religione
Essendo un Druido è l’Hersir a guidare lo spirito dei Garvik ed è anche un guerriero (difficilmente il clan si farebbe guidare da un uomo che non sa usare le armi).
Il Druido scruta le stelle e conosce gli astri, ha delle vere e proprie visioni seguendo pratiche arcane, sa ascoltare il sussurro della terra e annuncia il momento favorevole alla semina, infine è il Druido a consultare le rune e saperle interpretare nel modo corretto. A lui viene lasciato il compito di pregare per tutto il clan e a turno le varie Sippe presiedono al Donan per assistere al rito del mattino che saluta il sole e a quello della sera che da il benvenuto alla luna.

Attività e sostentamento
Gli Hymir Mokab sono prevalentemente cacciatori e allevatori di cavalli, che però NON usano per il commercio, in quanto il cavallo viene ritenuto un animale nobile, e sarebbe un insulto per loro utilizzarlo come merce di scambio. Viene comunemente ritenuto un onore dai membri degli altri clan ricevere in dono un puledro, poiché è segno di grande benevolenza e amicizia (e in effetti è evento piuttosto raro). Hanno trasferito da Nampur a Dygray la razza dei cavalli delle steppe, animali a pelo lungo intelligenti e coraggiosi, perfetti per le guerre, abituati alle privazioni. Particolarmente sviluppata è la concia delle pelli e la manifattura di oggetti in materiale osseo. Non così si può dire dell’agricoltura, che viene utilizzata solo in quanto attività di sussistenza.

Usi e costumi
Originari di Nampur hanno ereditato il ricordo della loro madrepatria, le sue tradizioni, i suoi statuti. Come a Nampur , la successione è matriarcale: il nome viene trasmesso dalla madre al figlio maschio, e dal padre alla figlia femmina. Alle donne spetta l’ultima parola, la potestà sui figli, la facoltà decisionale e la custodia dei beni. La vita quotidiana scorre tranquilla. Gli Hymir-Mokab sono famosi per la loro temerarietà nell’assalto con i cavalli. I bambini vengono cresciuti assieme al proprio puledro fin da quando sono in grado di camminare, e imparano a cavalcare senza sella, in equilibrio sulla groppa o senza mani, in modo da averle libere per combattere. Cavallo e padrone sono intimamente legati al punto che gli animali vengono lasciati vivere allo stato brado, ma pur così selvaggi, accorrono dovunque essi si trovino quando il loro proprietario ha bisogno di aiuto. Gli Hymir sono di indole  prevalentemente placida, ma con la Notte si trasformano. Appena le prime stelle compaiono in Cielo, infatti, si riuniscono: accendono alti falò, preparano da mangiare, si siedono attorno al fuoco raccontando storie, ballando e cantando. Spesso invitano i membri dei Melec – Silik, con i quali condividono le feste tradizionali e annuali, a banchettare con loro.

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Dal punto di vista amministrativo, l’Hersir fa in modo che il proprio clan rispetti le leggi della Valle, le leggi del clan stesso, e gli ordini della Valle dei Sogni.
Infatti è uso comune che sia il l’Hersir a rispondere personalmente dell’intemperanza del proprio popolo, con pene che variano dalle multe, alla deposizione come capo-clan, e addirittura all’esilio. Infatti il modo migliore per un clan di Dygray di sbarazzarsi di un Hersir insoddisfacente è quello di cominciare a disubbidire alle leggi più importanti per far sì che lo Thing deponga l’Hersir dalla sua carica e ne nomini un altro. L’ Hersir, inoltre, partecipa al Consiglio dei Clan di Dygray, conferisce direttamente con l’assemblea di Dygray, autorizza la discesa alla contea dei mercanti per il periodo del commercio; inoltre ha facoltà di ammettere all’interno del clan nuovi membri oppure di esiliarli altrove, e di nominare i dodici membri anziani (Hugen) delle tre corporazioni interne di ciascuna Sippe.
Per quanto riguarda il rispetto delle leggi interne al clan per cui non sia necessario indire il Consiglio dei Clan, il capo – sciamano si avvale dell’aiuto  di un consiglio interno che si tiene due volte l’anno e che prevede la partecipazione degli Hugen di ciascuna Sippe .  Durante tale consiglio interno ognuno ha lo stesso potere rispetto all’altro; i dodici membri consiglieranno l’Herisr,  ma la decisione ultima spetterà a quest’ultimo.
I processi  si terranno ogni luna nuova, e prevedono il voto del popolo.
Le pene variano d’intensità a seconda della gravità della pena; le più gravi (omicidio e tradimento del clan) sono punite con l’esilio, temporaneo o permanente.
Dal punto di vista religioso, invece, l’Hersir-sciamano ha il compito di nominare i nuovi sciamani, di regolare i periodi di semina e raccolto, di sovrintendere ai riti religiosi di buon auspicio ecc ecc.

Religione
Come molte altre cose, gli Hymir hanno importato da Nampur anche la religione.
Tuttavia, giacchè a Nampur la religione era vietata, essi non fanno riferimento ad un sistema ben definito di culti deistici, quanto ad un’impostazione generale e non particolarmente strutturata nei riti.  Possiedono templi all’aperto, e fanno riferimento a divinità nordiche quali
Odino, il padre di Tutte le Cose, Brighid, la dea trina che presiede alla Nascita, alla Fertilità e alla Morte, e a Thor, il dio dell’ Aria e delle sue manifestazioni. Importante è anche il culto di Skadij, la dea invernale delle nevi: viene pregata soprattutto in inverno, per far sì che la neve che ricopre le montagne di Dygray non soffochi il grano, e le piogge non producano il tracimare del fiume.
La vera religione degli Hymir, tuttavia, si basa su un culto animista. Per loro non esiste la divinità del fuoco, ma bensì
Il Fuoco, così come La Pioggia, La Notte e la Luce, la Natura. Credono nell’ Aldilà, nel senso che chi è meritevole viene accettato dalla natura e ne entra a far parte come animale, albero, pietra o vento. Solo i più saggi e accorti, però , mantengono il proprio spirito,e hanno la possibilità di entrare in contatto con coloro che ancora sono in vita per consigliarli e confortarli.
Proprio perché gli animali e la flora sono considerati sacri, è possibile reciderne la vita solo dopo aver effettuato riti di purificazione e aver chiesto perdono allo spirito che, in questo modo, andrà a vivere in un’altra manifestazione della natura. Le attività quali il raccolto e la caccia, dunque, sono sempre presenziati da uno sciamano, che condurrà l’attività secondo il rito adatto.
Fondamentali sono lo studio degli astri, nei quali leggono messaggi di guida e saggezza nei momenti di difficoltà, e la comunanza con gli spiriti degli alberi e degli animali.
Chiunque voglia cercare la propria strada nei momenti bui, lascia il clan e si ritira in meditazione per diverso tempo sulle montagne. Quasi sempre riceverà un messaggio dal proprio spirito guida (che di solito è un defunto al quale gli dei hanno concesso la fortuna di tornare in questa forma sacra), che da quel momento lo accompagnerà per il resto della sua vita e oltre.
Tuttavia, è propria solo dello Sciamano la trasformazione sacra in animale: esso può richiamare il sostegno del proprio spirito guida, detto anche animale totem, e assumerne le sembianze, ma questa non è certo attività compiuta per divertire i bambini, quanto piuttosto rito a cui attingere nei momenti di estremo pericolo per se stessi o per il clan. Si dice, infatti, che Yarel, Hersir degli Hymir Mokab, possa trasformarsi in una tigre, ma nessuno del clan l’ ha ancora vista compiere simile prodigio.

Attività e sostentamento
Dopo l’editto mandato dall’Haste-Sippe in cui si dichiara, che il versante della montagna comprese le miniere sono di proprietà del clan, gli Oxar si sono dedicati quasi interamente ad estrasse acciaio e argento. Grazie all’abbondante acciaio le officine dei fabbri si trovano un po’ ovunque lungo il territorio del clan e forniscono spade ed asce dall’ottimo filo.
Dediti alla caccia, ogni Sippe pratica l’agricoltura e l’allevamento per soddisfare l’esigenza della famiglia, sarebbe un disonore chiedere aiuto in tal senso alle Sippe vicine. Molto più sviluppato è il commercio dei preziosi manufatti d’argento che barattano con ciò che serve al clan, oppure vendendo coppe e gioielli finemente cesellati al mercato che scende nella Valle ogni anno nel mese di giugno.

Usi e costumi
Gli Oxar parlano un dialetto talmente complesso che è praticamente incomprensibile se non si è nati tra loro o si ci vive per un lungo periodo.
Sono un clan rumoroso che festeggia con la stessa prontezza con cui sfodera le armi, entrambe le abitudini si accompagnano durante i funerali e i compleanni, perché ogni evento viene preso a pretesto per riunire le Sippe in baraonde che possono durare giorni. Mentre l’idromele e la birra scorrono copiosi, le danze si alternano con appartati (spesso ben poco) atti amorosi, succede che ogni volta qualcuno non arrivi alla fine della giornata, basta che il ricordo di un vecchio conto da saldare sfiori la mente ubriaca di un Oxar che questo impugna l’arma per saldarlo.
Nonostante il pericolo che possono rappresentare per un membro di un altro clan, le feste degli Oxar sono molto visitate dagli altri clan di Dygray e si rivelano indimenticabili sia per divertimento che per spargimento di sangue.


Uomini e donne sono entrambi abili spadaccini, un Oxar si riconosce dal proprio pugnale che porta sempre alla cintola, sulla cui lama è inciso il simbolo della Sippe di appartenenza. Dediti e fedeli alla propria Sippe, in caso perdessero il pugnale preferirebbero andare in esilio che tornare con il disonore nelle proprie case.
Una Sippe non è composta esclusivamente da individui imparentati, ad essa si aggregano uomini dapprima presi in schiavitù poi liberati e guerrieri che la Sippe ha riconosciuto validi e utili alla propria sopravvivenza.

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Anticamente, prima del loro insediamento nelle terre di Dygray, gli Oxar avevano un sistema dinastico che poneva il re a capo della società. Nonostante il sistema dinastico è stato abolito da tempo (perché la regina della Valle dei Sogni è sua maestà Linnea) gli Oxar ne conservano il ricordo. Ogni Sippe è guidata da un Hugen che solitamente è il guerriero migliore; ogni anno gli Hugen si sfidano a duello e il vincitore acquista non solo il prestigio e l’ammirazione del clan, ma anche il rispetto alla propria Sippe che verrà ritenuta la più importante, il suo voto al Thingvellir varrà doppio, avrà diritto a prendere due donne per moglie (o due uomini nel caso si tratti di una donna Hugen) e verrà nominato Hersir.
Compito dell’Hersir è di amministrare la giustizia; anche se le leggi non sono molte tra gli Oxar sono però ben chiare. Il furto e punito con la condizione di schiavo, il tradimento della Sippe e del clan è punito con la morte, l’uccisione volontaria o involontaria di un uomo appartenente ad un altro clan viene stabilita dall’Herisr del clan offeso secondo le sue leggi, mentre l’uccisione di un Oxar non viene punita se non con un ammonimento (d’altronde diversamente non ci sarebbero più Oxar a Dygray), questo perché un Oxar che non sa difendersi con la propria spada non è ritenuto utile al clan.

Religione
Venerato tra gli Oxar è Dum dio della guerra e dell’acciaio. Colui che afferra il nemico e lo abbatte sulla sua incudine, colui che prova disprezzo verso i deboli e premierà alla fine il grande guerriero. Gli Oxar raramente pregano perché il loro dio è sordo mentre osserva i suoi fedeli battersi per la sopravvivenza, chiedere aiuto a Dum per un Oxar è segno di debolezza, per questo motivo tra il clan non ci sono figure spirituali.

Attività e sostentamento
I Varmalt ritengono sacra la loro terra su cui mai sarà versato sangue innocente, di conseguenza l’allevamento viene praticato esclusivamente per il latte con cui il clan lavora, burro, formaggio e panna acida. Molto praticata è comunque la caccia che si svolge lontano dal territorio del clan, a questo fine vengono organizzate dai Varmalt vere e proprie campagne sui monti a cui partecipano tutte le Sippe. Queste battute di caccia possono durare settimane e le prede vengono macellate sul posto di cattura prima di essere trasportate al clan.
I Varmalt si sostengono lavorando la terra. Ogni Sippe ha rigogliosi frutteti di mele da cui viene ricavato l’idromele; castagni, noccioli e alberi di betulla dai cui flessibili rami vengono creati dagli artigiani i micidiali archi lunghi (Lirsa) che sono i migliori per precisione e potenza di tutta la regione. Erbe e fiori di ogni spece vengono coltivati, alcuni di essi hanno proprietà terapeutiche e altre sono sconosciute alla regione, molte di queste piante non avrebbero potuto sopravvivere al clima se non fosse per i segreti dell’antica cultura magica dei Varmalt.

Usi e costumi
Il clan dei Varmalt ha radici molto antiche che risalgono ai primi insediamenti nella regione di Dygray. Hanno un concetto molto ristretto di Sippe ma allo stesso tempo molto allargato, la Sippe spesso comprende tutti quelli che accettano di raccogliersi sotto la guida dell’Hugen, un sistema che è comunque libero perché ogni Varmalt può scegliere di cambiare Sippe o ritornare, ciò ha portato che l’idea di famiglia per il popolo si allarga a comprendere l’intero clan.
Tuttavia il clan è geloso della sua terra e delle sue antiche origini, tanto da non concedere il passo nei suoi confini da chi non possiede sangue elfico nelle vene, al contrario sono ben accetti Elfi e Mezz’Elfi nei cui confronti sono molto ben disposti. Uno straniero Elfo può soggiornare presso una Sippa venendo accettato come membro del clan fino alla sua partenza, se però la permanenza dell’ospite si prolunga e non contribuisce al benessere della Sippa questo viene gentilmente allontanato perché inutile.
Ai giovani viene insegnato a tendere l’arco fin dalla più tenera età perchè dopo l’adolescenza, andranno ad infoltire le schiere dei più formidabili arcieri della regione. Un giovane viene considerato adulto all’età di quindici anni; si svolgerà allora una festa rituale e gli verranno consegnati l’arco e la faretra, dopo di che il nuovo adulto dovrà intraprendere un viaggio per andare a piantare un seme nelle terre eliche a aggraziarsi così gli Spiriti dei Boschi.

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Alla notte dei tempi del clan Varmalt nelle terre del Dygray, in una imprecisata data, col favore delle tenebre furono scritte le leggi, che per i Varmalt hanno valore semidivino perché ispirate dalle divinità del bosco e dalla Dea.
Non si sa nulla dell’origine del clan, né dei fatti storici che portarono al loro insediamento in queste terre. Il sistema di leggi non è rigido, né esistono organi addetti alla loro attuazione pratica, in casi sporadici vengono discussi i fatti al consiglio. I Varmalt, per loro indole chiusa e poco socievole, raramente combattono fra loro, e il timore di essere perduti dal favore delle divinità porta il popolo al rispetto reciproco anche in casi di forte conflittualità, a portare amore al bosco, alla terra, al cibo che ogni giorno mangiano, alla famiglia, al rispetto della Legge.
Chi dovesse uccidere un Varmalt della sua o di altre Sippe senza giusto duello presieduto dallo Hugen, il capo villaggio, verrà giudicato dal consiglio in base al movente, alla gravità e alle circostanze.
Più dolorosa pena è esser rifiutati per l’eternità dal clan, che vedrà nel giudicato vergogna e che sarà costretto a vagabondare senza posa, leggenda racconta che l’onta sussurrata dai Varmalt, raggiunge ogni angolo della terra.
Il clan è guidato da un Hersir, vista come una figura guida piuttosto sfuocata e quasi invisibile alla maggior parte dei componenti della Sippe, e che molto raramente fa apparizioni pubbliche.
Il più delle volte, per  dovere amministrativo, si mescola tra la popolazione, soprattutto tra i guerrieri di medio rango.
Una volta al mese, in luoghi sempre diversi immersi nel bosco, segnati propiziatori per gli astri e per le divinità , si tiene un consiglio al cui vertice c’è l’Hersir, e  subordinati a lui il miglior guerriero e lo Hugen.
Raramente nella vita di tutti i giorni l’Hersir e lo Jarl, il miglior guerriero, intervengono nella pianificazione dei raccolti e nella vita comune del clan, a parte nelle sedute di caccia, indette dall’Hersir.
Le decisioni dell’Hersir sono inappellabili, e per tradizione devono essere decisioni supportate dalla saggezza dello Jarl e dello Hugen.

Religione
La religione viene tramandata di padre in figlio da leggende e miti e vede al vertice di tutti la Dea, divinità a cui tutti i Varmalt mostrano devozione a loro modo.
Ogni Sippe ha una tradizione, e i riti si effettuano con profondi quanto semplici gesti individuali.
Spesso la Dea per strane ragioni storiche è anche colei che trasporta i defunti, guidando le loro anime verso il limbo da cui tutti partono, e tutti ritornano, ricominciando la loro vita in qualsiasi creatura animata.
La rettitudine nella vita, porta a incarnarsi in creature silvane più nobili e rispettate.
Le rappresentazioni scultoree delle divinità boschive riflettono una bellezza disarmante, quanto una profonda aura di mistero, in cui solo nei miti si rivedono i tratti generali.
Gli eroi, vengono chiamati a vivere nel mondo delle creature silvestri, nello stato paradisiaco che in cui esse dimorano, e i Varmalt possono sentire le loro parole nella notte, talvolta apparizioni di spiriti in festa, scene d’amore o animali eterei vengono associate a qualche eroico defunto.

Attività e sostentamento
Gli Inoork sono un clan di cacciatori e pescatori. Insediati nella regione di Dygray da sempre, hanno preso dimora nella parte più alta della regione ai piedi del grande ghiacciaio dove tra l’ampia boscaglia la selvaggina è abbondante. Le prede catturate vengono destinate ad usi differenti; le trote, le lepri, i camosci e i daini vengono impiegati per il fabbisogno del clan (le pelli lavorate per fare stivali ed abiti, la carne viene conservata nel sale all’interno di barili), mentre le prede come il lupo e gli orsi vengono ritenute più nobili percui le pellicce sono destinate ad essere vendute o barattate in cambio di sale, vino, acciaio e tutto ciò che è di primaria importanza come la farina di frumento. Gli Inoork non praticano l’allevamento ma addestrano cani di grossa taglia, che vengono impiegati nella caccia e talvolta in guerra.

Usi e costumi
Le abitazioni degli Inoork sono costruite in legno, ogni Sippe dista poco dall’altra perchè insieme è più semplice superare i rigidi inverni. Una Sippe comprende tre abitazioni principali; la prima è la più ampia e si estende su due piani, essa è utilizzata come abitazione e ci vivono solitamente l’Hugen, la sua famiglia e gli amici più stretti, di fianco ad essa sorgono il magazzino (dove vengono conservati i cibi e levorate le pelli) e la fucina. Inoltre ogni Sippe ha il suo orto per il proprio fabbisogno ed un cortile di terra battuta dove vengono caricati i carri.
Gli Inoork sono gente semplice ed ospitale, sempre pronti ad accogliere un ospite e ad offrirgli un boccale di birra, ma nonostante questo sono gente dura abituati alle privazioni e a sopportare lunghe marce. Nell’immaginario collettivo l’Inoork viene visto in marcia tra i boschi con i cani al seguito e qualcuno giura di non aver potuto distinguere quale dei due avesse più istinto.
Competitivi tra loro ritengono che un vero Inoork per essere tale deve cacciare almeno una volta nella vita il grosso orso delle nevi, questa è la pericolosa prova che deve affrontare un giovane per essere ritenuto adulto.

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Nel clan degli Inoork se si vuole diventare Herisr bisogna dimostrare di essere il miglior cacciatore e il miglior seguitore di piste, a deciderlo tra gli asprianti al titolo saranno gli abitanti stessi. Un Hersir non sarà mai capo clan a vita, questo perchè basta che un membro del clan si dimostri migliore di lui perchè gli prenda il posto, inutile dire che gli Hersir più duraturi vengano ricordati dai bardi insieme alle loro imprese.
Altro esponente che ha pari autorità dell’Hersir è lo Sciamano; suo infatti è il compito di istruire i giovani nell’ascoltare la natura e il respiro delle prede, inoltre è lo Sciamano che decreta quando un giovane è pronto per diventare adulto mandandolo a caccia da solo dell’orso. Più la preda sarà grande più il giovane aquisterà maggior peso nella socità al suo ingresso nel mondo degli adulti, se invece (evento raro) cattura un orso delle nevi ciò è segno di un grande destino e potrebbe addirittura aspirare a divenire Sciamano.
Tra le leggi degli Inoork: chi uccide se ha una buona “giustificazione” da esporre allo Thing (assemblea interna del clan) non viene punito, diversamente si vedrà togliere tutti i suoi beni e sarà giudicato un reietto (senza onore). La pena più penosa per un Inoork è comunque quella di essere allontanto a vita dal clan, una sentenza che è al pari con la condanna a morte.

Religione
A decidere quando effettuare i riti agli dei è lo Sciamano del clan; si distingue tra gli altri abitanti perchè indossa la pelle intera di un grosso orso, simbolo di Agri il grande dio dei cacciatori che difende il suo popolo e ne guarisce le malattie.
Si dice che Agri si manifesti allo Sciamano in sembianze del suo animale guida e che lo consigli per il bene degli Inoork, in suo onore vengono imolati animali sacrificali, il sangue sparso sulla terra come tributo e la carne data in pasto agli animali feroci della montagna.
Ogni Inoork conserva una zanna o un artiglio del primo animale che uccide, esso grazie allo sciamano che insegnerà la giusta via, diventerà il compagno spiritale del cacciatore, le sue orecchie e i suoi occhi nel momento del pericolo.

Ben poco è noto di questo Clan, Berserkir, mutaforma di indole schiva, arroccato nella profondità delle inospitali gole di Dygray, dove una volta dimorava un altro clan, i Felixa-Celi, estitnti per essere rimasti troppo chiusi in loro stessi.
Non è chiara quale sia l’origine del Clan anche se comunemente si attribuisce alla radice del nome Berserkir, da ‘berr’, l’appartenenza alla stirpe dell’orso o del lupo. Sta di fatto però che, ad oggi, la forma animale dei membri del Clan sia solamente quella del lupo e che del ceppo dell’orso si siano perse le tracce nel tempo.
Come si è persa la memoria anche della natura stessa della licantropia e non è possibile trovarne la fonte in una antica maledizione o in un’ascendenza naturale. In ogni caso i mutaforma di Dygray, uomini e donne lupo, oramai sono parte del mondo come i loro lontani cugini di Cronifugia.

La loro società è fondata sul modello del ‘branco’, come il loro modo di vivere è strettamente centrato sulla sua sopravvivenza. Sono riusciti comunque a svluppare una limitata libertà individuale e pertanto, bersekir, possono scegliere a quale attività dedicarsi, possedere fattorie, terre e bestiame. Restano naturalmente carnivorie e, come sembra superfluo sottolineare, sono ottimi cacciatori. Si dice anche che siano grandi bevitori.
Clan insolitamente pacifico, probailmente come contraltare alla loro peculiare condizione di mutaforma.
Furono tutte queste caratteristiche, come anche la loro assoluta lealtà e dedizione allo scopo del branco, a far ricadere su di loro l’onere della sorveglianza delle Gocce di Thaia. Tale compito però li distrusse quasi totalmente: vedere il fallimento della loro sacra missione quando Gocce furono trafugate e la successiva frustrazione di tutti i loro sforzi tesi a recuperarle, li ha colpiti come una pestilenza, lasciandoli decimati ed indeboliti.

Non esiste una classe di combattenti, perchè ciascuno lo è per natura nella sua forma animale, tuttavia in forma umana si allenano all’uso armi quali la spada o la mazza.

Come divinità venerano i Lupi di Odino, Geri e Freki (“avaro” e “ingordo”, talvolta chiamati anche Gere e Freke).

Sciamani e Druidi

“Non esistono sciamani su questa terra. Le parole di uomo e sciamano non sono compatibili. La corruzione della carne è troppo presente, tanto che uno sciamano diventa tale solo con la Morte. Essa infatti non è condanna, ma liberazione del proprio Spirito. Allora diventiamo parte della Natura cui aneliamo fin dal primo soffio di vita su questa terra. Allora possiamo esercitare liberamente l’Arte per cui siamo stati chiamati ad esistere. Non temere la morte, figliuolo mio, non temere il dolore. La nostra vita è un viaggio doloroso e difficile: ti ritroverai a piangere e desiderare di anticipare il momento della liberazione, ma tu resta tra le braccia del tuo Maestro: io ti sosterrò e ti guiderò fino alla fine del Tempo”

Questo è il primo insegnamento che un Maestro dona al proprio discepolo. La vita di uno sciamano non è facile,e spesso viene vissuta come condanna. Per diventare sciamani sono necessari tirocini, lunghi periodo di isolamento, dolorosi riti di iniziazione o rituali di morte – rinascita.
Non è possibile sottrarsi al proprio destino: nella maggior parte dei casi i prescelti devono arrendersi agli spiriti ed accettare la loro missione, chi invece non si è piega impazzisce, in quanto “nessuna mente umana è abbastanza forte per resistere al volere dello spirito guida”.
Questo fa sì che essi scelgano un Maestro,che li guida e li sostiene fino alla propria morte e anche oltre. Il legame maestro – apprendista è così forte che persiste in eterno. Anche dopo la sua morte, il maestro torna sotto forma di spirito per consigliare il proprio discepolo. Non si smette mai di essere discepoli: anche in estrema vecchiaia, lo sciamano anche se potente e influente, continua ad essere allievo del proprio maestro – spirito, al quale deve obbedienza e rispetto.

Sono considerati un tramite diretto tra il mondo degli spiriti e il mondo degli umani, messaggeri del volere degli dei, gli unici in grado di leggere i misteri nelle stelle e di dialogare a tu per tu con il proprio spirito guida. Sono in grado di compiere piccoli incantesimi di guarigione ed elementali, ma un mago potrebbe facilmente superarli in potenza e durata. Mettendo a paragone uno sciamano comune con un mago comune, è il mago l’ arcanista più potente.
Tuttavia la vera forza di uno sciamano è la comunanza con il mondo spiritico, con il quale comunica attraverso l’estasi e dal quale assorbe i propri poteri: infatti non è attraverso le formule che lo sciamano attua il proprio incantesimo, ma bensì attraverso la preghiera e l’elevazione della propria anima. Non è egli che comanda all’albero di chinarsi, o al cielo di piovere, ma bensì sono l’Albero e il Cielo che decidono di chinarsi e di piovere, tramite la sua preghiera.
Sono molto forti in incantesimi di tipo psichico, quali la telepatia, l’ipnosi e l’illusionismo: lo sciamano non crea immagini dal nulla, ma convince l’altra persona a vedere e sentire ciò che egli vuole, in casi rari anche ad impazzire. Può prosciugare i poteri dell’avversario o bloccarne la mente. Può legarlo a sé tramite rituali arcani, convincerlo a fare ciò che non vuole. Tutto questo rende molto pericoloso affrontarlo in uno scontro diretto. Uno sciamano potente sa sempre quando il proprio interlocutore sta mentendo, avverte l’aura di tutto ciò che lo circonda, e ciò fa sì che, nei processi, il proprio voto conti il triplo di quello di un semplice popolano. Può trasformarsi nel proprio animale – totem.
E’ propria dello sciamano la capacità di recuperare le anime perdute, o di guarire le anime che siano state corrotte dalla magia Infera o da possessioni demoniache.

“Un uomo non dovrebbe incidere le Rune se non è in grado di leggerle correttamente, perché più di un uomo è caduto su un’asta runica poco chiara. Ho visto 10 aste runiche intagliate su un osso di balena raschiato che prolungavano ulteriormente una lunga malattia”.

Officianti, sacrificatori, e aruspici durante le cerimonie sacre, essi sono anche giudici, medici, maghi, poeti, rappresentando la vera memoria storica del popolo dei Runii. Espressione profonda e rappresentativa di uno spirito libero, legato alla natura, nel tempo si dimostrano ad un tempo il principale e il più profondo legame tra le innumerevoli clan. I Druidi corrispondono ad una ben precisa connotazione di prestigio religioso e sociale, pur essendo principalmente gli insegnanti dei figli delle classi nobili, accettano alle loro scuole itineranti qualsiasi ragazzo realmente dotato che desideri istruirsi.

 

La ruota dell’anno
L’anno comincia nel momento stesso in cui moriva, a Samain. E’ la fine dell’estate e l’inizio del lungo inverno, quando i giorni si fanno sempre più corti e il mondo sprofonda nelle tenebre. Le bestie vengono condotte giù dai pascoli estivi, radunate e chiuse nelle stalle per svernare; i capi in eccesso vengono macellati, perché non si può tenerli in vita durante i difficili mesi di freddo. Gli uomini si ritirano nelle case, facendo piccoli lavori e raccontandosi storie alla luce del fuoco. Si chiudono le spedizioni militari; le azioni di guerra e le incursioni vengono sospese. Gli orgogliosi Valmart lasciavano la loro vita tra i boschi e le selve della Dea e tornano ad acquartierarsi nel loro clan.
Così fanno i druidi. A un certo arrivava Imbolc, la festa di mezzo inverno. Questo è il momento in cui i lunghi sei mesi invernali giungono al culmine. Eppure in questo periodo buio nascono gli agnellini e le pecore cominciano a dare latte. Questo tempo è dedicato alla dea Brìgit, che viene celebrata accendendo candele vergini e piccole fiammelle, che brillano nel buio, come per annunciare la speranza di una nuova primavera. Si benedicono i semi e si consacrano gli aratri e gli strumenti agricoli, che tra non molto saranno usati di nuovo. Dopo aver raggiunto il suo punto più profondo, l’inverno comincia a risalire verso la luce. Donne e uomini escono dalle case per spiare, nei campi bianchi di neve, i primi indizi della bella stagione.

Le feste stagionali
L’anno è una sorta di ruota che gira incessantemente, trascorrendo sei mesi nelle profondità dell’inverno [geimrad] e sei mesi nella luce dell’estate [samrad]. Solo queste due stagioni formano l’anno, il quale è scandito da quattro importanti festività, che cadono quaranta giorni dopo i due equinozi e i due solstizi. Queste ricorrenze si chiamano:
1° novembre. Samain
1° febbraio: Imbolc
1° maggio. Beltaine
1° agosto. Lúgnasad
Samain e Beltaine sono le due feste più importanti, perché sono i punti di passaggio tra le due stagioni. Samain segna l’inizio del lungo inverno, il momento in cui l’anno muore, sprofondando nel gelo e nelle tenebre; Beltaine segna la fine dell’inverno, il momento in cui l’anno rinasce, risorgendo a nuova vita, ascendendo verso la luce e il calore dell’estate. Imbolc e Lúgnasad sono invece il culmine delle due stagioni. In particolare, Imbolc segna il punto più profondo, buio e misterioso dell’inverno, ma è il momento in cui la lunga discesa agli inferi si arresta e comincia la lenta risalita verso la vita; Lúgnasad segna invece l’apice dell’estate, il momento in cui l’anno ha raggiunto il culmine della maturità, prima che entri nella fase calante.