Terre Elfiche

TERRE ELFICHE

Le Terre degli Elfi sono  la regione d’origine dei Seledi, una terra fertile, affacciata sul mare e circondata da ampie foreste. Un tempo questa zona era poco più di una palude, fu l’opera paziente degli elfi a trasformarla in quello che conosciamo ora. Il bosco di Verde Manto copre una parte abbondante della Regione, è un bosco rigoglioso al cui interno è custodita la città di Eruvyanne (o Eruvanye) che sorge sulle rive del lago AcquaFredda, luogo dove i più potenti maghi elfici hanno studiato per anni, isolati dal mondo. La Capitale politica è Yàvaldarelle, vivace e ricca , pronta ad accogliere anche i viandanti delle altre regioni, a patto che seguano scrupolosamente il rituale per farvi ingresso e si liberino del peso delle cose mortali.
Roitarentire è una città militare, lì si forma il corpo combattente elfico, ed in particolar modo l’Ethayèn, il corpo selezionato della guardia Nobiliare Elfica. La Valle di Minothon rappresenta il confine con il Perduto ducato di Osterton, molte sono le leggende che si narrano su questa sottile striscia di Terra, confine con il Regno che segnò, con la sua caduta, la nascita della Valle dei Sogni.

Yàvaldarelle, La Rigogliosa

Capitale delle Terre Elfiche, non chè più grande insediamento di tutto il territorio, Yàvaldarelle sorge al centro della piana di Kampilosse, crocevia di elfi e viandanti.
Quattro mura per proteggere la città, splendide mura bianche che risplendono al sole di mezzogiorno come ghiaccio in inverno.
Ogni giro di mura è una barriera, nasconde significato ben preciso , non solamente difensivo, ma anche di purificazione : ad ogni cerchio ,infatti ,chi entra in città dove liberarsi di qualcosa che porta. Nel primo giro di mura vengono lasciati i mezzi di trasporto più ingombranti, quali carrozze e carri, nel secondo i cavalli, nel terzo l’uomo si libera delle proprie armi, mentre nel varcare la soglia del quarto cancello ad ogni persona vengono offerti un candido manto per liberarsi di quello polveroso del viaggio, una brocca di cristallina acqua e frutta, così che il proprio corpo , placato dalle fatiche del viaggio, non indurisca l’animo ed alteri l’equilibrio degli spiriti degli elfi.
Volte e torrioni,  bifore e  trifore,  intrecci di foglie scolpite sui torrioni; tutta la città è solida nelle sue fondamenta di marmo, granito e pietra, tuttavia la maestria degli artigiani degli elfi ha reso tutto immensamente leggero a vedersi, così ricco di intrecci e volte da non risultare per nulla soffocante. Le case all’interno di Yàvaldarelle sono sottili ed alte, alcune riproducono vagamente le forme di ampi alberi, altre hanno forme più quadrate, ed altre ancora presentano così tanti lati da perderne il conto; tuttavia quello che è certo, è che a prevalere senza dubbio risultano le altezze : ogni abitazione infatti è sviluppata verso l’alto, lasciando ampio spazio al terreno, composto da erba ed un bianco acciottolato, fiori .
Tutta la città si proietta verso il centro dove si trova la piazza delle dodici querce e la casa del consiglio, ciascuno di quegli alberi era stato piantato in memoria di una famiglia scomparsa durante la Lunga Marcia.
Lungo i viali, lungo le più impervie e sottili stradine, sorgono sempre alberi, accanto ad ogni casa ed abitazione, davanti ad esse e nel caso delle abitazioni più antiche anche al loro interno.

Eruvyanne, la Splendente

Protetta da VerdeManto, Eruvyanne la Splendnte, rappresenta la capitale della magia nelle terre degli elfi. Ogni elfo ed elfa che si dimostri predisposto alla sacra arte era mandato nella città dalle 100 torri per imparare la questa arte per un numero proporzionale agli anni che meritava il suo potere : il limite per gli studi di magia degli elfi è considerato 27.
Le cento torri della città splendente spiccano costeggiando il lago di AcquaFredda , circondate da uno stuolo di piccole casupole quadrate costruite in legno; ogni torre, costruita in un materiale atto a rimandare all’osservatore non la figura della costruzione, bensì l’immagine dell’immensità del bosco, è composta da 13 piani, ed ogni piano contiene 13 libri, 13 scrittoi e 13 letti, per permettere allo studioso di non allontanarsi mai dal proprio dovere.
Vi sono poi altre 4 singolari costruzioni a Eruvyanne, i Lleyglon, o torri dell’esercizio, dove gli studenti possono mettere in pratica quanto hanno appreso sui libri, sono costruzioni molto ampie, pentagonali, strutturate su solamente 5 piani; per accedervi è necessario essere accompagnati dal proprio istruttore fino all’11 anno di studio, quindi è dall’11-17 con un compagno di un livello superiore al 17, ed infine da 17 al 27 anno di studio vi si può accedere autonomamente. E’ una educazione estremamente rigida quella che veniva imposta agli elfi di Eruvyanne, isolati dalla loro famiglia, dai loro affetti per la maggior parte dell’anno ed è concesso loro di fare ritorno alle proprie case solo per pochi giorni, in corrispondenza dei cambi di stagione. Ogni persona che affronta l’addestramento deve privarsi del proprio status e del proprio titolo famigliare, accostandosi con umiltà ai propri compagni ed al potere che desiderano imparare a dominare. I giovani maghi devono vivere nella privazione delle comodità, perché nessuna comodità deve distrarli dallo studio, non possono indossare che semplici vesti in lino o lana cotta, a seconda della stagione, di colore diverso a seconda del grado di apprendimento raggiunto, senza alcun segno di riconoscimento della famiglia di appartenenza. E’ proibito indossare sandali o scarpe, indipendentemente dalla stagione, dalla pioggia, o dal tipo di terreno su cui si deve camminare o quanta neve e ghiaccio lo ricopra. Donne e uomini devono portare i capelli sempre acconciati sul capo, lasciando il collo completamente scoperto, sul capo , appena sotto l’attaccatura dei capelli, in corrispondenza della prominenza cervicale, sono tatuati con delle erbe naturali un certo numero di punti, proporzionali agli anni trascorsi a Eruvyanne.

Strada che conduce dalle Terre degli Elfi fino a Dygray, passando per la Foresta VerdeManto e superando Eruvanye, la Splendente città dei Maghi delle terre degli elfi.

“Dita lunghe e nodose, mani possenti che si intrecciando nella terra. Sono quelle degli alberi della foresta di VerdeManto, che si uniscono in uno stretto abbraccio pronti ad accompagnare gli elfi lungo il sentiero. Ma stai attenta, Gyllian, perché non sempre gli alberi sono benevoli. Solo il passo degli elfi può dirsi sicuro sul sentiero delle Radici”. [ cit Gyllian Cleyndhar]

Le radici degli alberi si intrecciano pericolosamente sotto i  piedi, come a ricordare che senza di esse tutti sono perduti. Le radici sono fondamentali per la sopravvivenza. Per questo gli elfi hanno radici forti, che li ancorano alle tradizioni, rendendoli ostinati , testardi e spesso chiusi .
Un uomo non riuscirebbe mai a camminare su quell’intricato abbraccio di rami e radici, così tortuoso da fare inciampare anche i più agili. Nessuna creatura è solita camminare lungo quel sentiero.
Resina e terra umida, per proteggere gli elfi ed i loro segreti.

Luogo dove nascno le forze armate elfiche, Roitarentire un tempo era poco più di un accampamento di Ranger. Durante la Guerra che ha portato alla formazione della Valle dei Sogni, invece, ha assunto connotati ben diversi, diventando una vera Accademia militare.

L’Ethyaén per molti è un sogno irraggiungibile, bisogna esser dei giovani rampolli di qualche famiglia nobile per accedervi o trovare qualcuno di abbastanza facoltoso per garantire le spese d’istruzione.
Gli elfi vengono addestrati secondo tre peiodi :
– I primi anni sono dedicati alla conoscenza del mondo nel senso più ampio della sua concezione. Gli Avannia (così sono chiamati i cadetti) devono acquisire conoscenze che possono essere assimilate a quelle di un Ranger, sia di combattimento che i rudimenti della magia della natura. Una volta terminati gli anni com Avannia al giovane elfo si prospettano tre strade: tornare nella loro città di appatenenza per vivere una vita quieta da amministratore, proseguire verso di Enedh e quindi la carriera militare, o , nel caso si dimostrino particoalrmente abili con le arti magiche, terminare la loro educazione a Eruvyanne. La cerimonia di passaggio alla fase successiva della vita di un elfo è chiamata Avada.
– Gli Enedh, sono coloro che stanno in mezzo, e rappresentano la maggior parte dei combattenti degli elfi. A questi appartengono la fanteria ed i famosi arcieri di Yavaldarelle.
La fanteria era la componente maggioritaria delle armate elfiche. I loro fabbri erano in grado di forgiare ottime armi e armature, leggere e facilmente portabili. Oltre all’ottimo armamento la forza dei soldati  risiede nella disciplina: essi sono infatti in grado di combattere in battaglie  muovendosi come un sol uomo e opponendo alle cariche nemiche muraglia umana che resiste come le scogliere contro le onde del mare
Armamento
Spada lunga d’acciaio
Un Eket (spada corta d’acciaio per i combattimenti corpo a corpo)
Grande scudo rettangolare  con piastre di metallo
Cotta di maglia d’acciaio lunga fino al ginocchio
Elmo d’acciaio con l’effige della famiglia di appartenenza
Arcieri di Yavaldarelle – Leenidas
Reparto di arcieri altamente letali temuti in tutto il Regno per la loro abilità nel scagliare frecce con temibile precisione. Generalmente schierati in formazioni di 20 gruppi l’uno sono equipaggiati al pari dei fanti con l’eccezione della presenza dell’arco lungo e dell’assenza dello scudo.
– I migliori combattenti, rigorosamente nobili o sostenuti da questi, accedono alla parte finale dell’addestramento che li porta all’Ethayèn, Corpo Selezionato della Guardia Nobiliare Elfica, unici ai quali è concesso di indossare l’Athame. L’Athme può essere indossato solamente da membri delle nobili famiglie elfiche iscritte al Grande Registro. I membri dell’Ethayèn sono in genere posti al comando dell’esercito regolare elfico.

Un tempo non esistevano le famiglie così come sono note ora , in quegli anni lontani anche gli elfi erano poco più che una tribù e vivevano tutti nel bosco VerdeManto , in case intrecciate sugli alberi. Creature unite alla natura, con una grande affinità per il magico.Gli anni bui, di caos e lotte fra le tribù umane, di screzi fra gli elfi, anni in cui anche le fate del cerchio magico sopra verdemanto morivano a causa dell’odio reciproco, videro ogni specie presente sulle terre conosciute all’orlo dell’estinzione.
Fu proprio per evitare il perire della propria gente che gli elfi di VerdeManto si divisero, lo stabilirono una notte di mezza luna, con i volti sporchi del sangue di battaglie contro gli “esseri senza nome” come erano solito chiamarli , creature delle quali non si conserva descrizione alcuna. I più coraggiosi ed abili si spostarono verso la piana di Kampilosse, che al tempo era poco più di una palude .
I più sprovveduti, coloro che non rispondevano alle regole di comportamento degli elfi di VerdeManto di spostarono verso il Passo del Cacciatore, dove ancora vivono, mantenendo uno stile di vita molto più selvatico dei loro fratelli . Ed infine i più ritrosi a spostarsi, coloro che meno abili erano con la lama , ma molto di più con il potere della parola, decisero di affrontare VerdeManto, e si mossero al suo interno fino a raggiungere il lago di AcquaFredda, dove un giorno sarebbe poi sorta Eruvyanne ( o Eruvanye )e la Splendente.
Del gruppo partito per Kampliosse facevano parte quegli elfi che al fine avrebbero costruito Yavaldarelle : vi erano gli antenati dei Seledi, si racconta di un alto elfo dai capelli rossi come il fuoco al tempo, ed occhi azzurri con il cielo, al suo fianco combatteva uno dei fratelli Hastyer, che si erano divisi sulla soglia di verdemanto, con una lite tanto violenta da essere ancora ricordate con le ballate, il più giovane partì per Kampilosse mentre il maggiore per VerdeManto; camminavano con loro Cleyndhar , due sorelle dai capelli castani e gli occhi verdi, abili con l’arco quanto il guerriero Nyasha, con i suoi occhi quasi incolori . Vi erano molti altri, di molte altre famiglie, Aldermon, Gweth, Allebat, Lyander e molti moltissimi altri che però non vollero sulle spalle la responsabilità della fondazione della città ed altri ancora , come Hyss, Llewlle, Dorlath , che perirono nella Lunga Marcia.
Così le Quattro famiglie giunsero a Yavaldarelle, attraversando un palude che ora, bonificata, è una rigogliosa e fertile vallata, combattendo creature che il mondo ha voluto dimenticare, camminando al fianco di tanti fratelli , fra il sangue il fango. Così stabilirono il loro dominio che ancora si compie, immutato, nei secoli.

Dalla fondazione di Yavaldarelle le Quattro Famiglie hanno regnato secondo i sacri dettami della Ruota del Tempo.
Con una cadenza regolare di venti anni alla volta una delle quattro Famiglie ha preso il ruolo Reggente di Yàvaldarelle : la scleta avveniva fra i membri della famiglia designata attraverso diverse prove , ma il giudizio più importante restava quello della custode dello spirito degli elfil Nyana,  che doveva aprire il suo animo per vedere se era sufficientemente equilibrato da sostenere il peso di un regno sulle proprie spalle, ed osservare gli snodi del destino collegati al prescelto.

Stemmi delle Quattro Famiglie sono:

-Seledi:  un sole dorato dai raggi ondulati su campo bianco o azzurro, il ramo Selede di Yavaldarelle si distingue dal Regnante per la presenza sullo stemma di Foglie di Quercia che si intrecciano ai raggi del sole.
– Cleyndhar : due equini argentei e rampanti che si fronteggiano, criniere al vento, su uno sfondo a scudo azzurro.
– Nyasha : una fenice dorata dalla lunga coda piumata su sfondo grigio
– Hastyer : un cigno nero dal collo ricurvo su sfondo verde

Il Reggente delle Terre Elfiche può essere tranquillamente paragonato ad un monarca, alla sua figura è sempre accostata quella del Nyana, il custode degli Spiriti, guida fondamentale per la comunità Elfica.

Elyana camminava avanti ed indietro per l’ampia sala della luna crescente, salone principale della Casa Comune. Era inquieta, e non unicamente per la creatura che portava in grembo, doveva infatti esaminare i due figli di Fheher Nyasha, la giovane Marmenia, anche lei in attesa di un erede, il fragile Jhiel, suo fratello maggiore.
Ogni venti anni una famiglia saliva come reggente di Yàvaldarelle ed il membro responsabile era scelto attraverso diverse prove , ma il giudizio più importante restava quello della custode dello spirito degli elfi, che doveva aprire il suo animo per vedere se era sufficientemente equilibrato da sostenere il peso di un regno sulle proprie spalle.
La figura slanciata di una delle guardie della sala fece il suo ingresso con eleganza, seguita come un ombra dai due eredi al trono di Yàvaldarelle – Nyana Elyana , i figli di Fheher Nyasha sono giunti al vostro cospetto per essere esaminati – detto questo il giovane elfo si spostò scivolando di lato con un elegante movimento rivelando agli occhi di Elyana le due figure intimidite .Jhiel era magro anche per essere un elfo, gli zigomi eccessivamente pronunciati, le guance scavate , le labbra sottili quasi tirate; aveva occhi chiarissimi, quasi incolori, ed era difficile comprendere se fossero azzurri oppure verdi, e risultavano quasi inquietanti così sporgenti a causa del volto sottile. Jhiel era impalpabile, questa fu la prima impressione che diede al saggio, quasi trasparente, tuttavia quel sottile ragazzo dal fare nervoso celava molto di più, i suoi movimenti insicuri, quasi impacciati, erano accompagnati dallo spostarsi di flussi di energia, come se il suo corpo emanasse un leggero alone di magia. Elyana sapeva che era un mago, ma non era mai stato ritenuto particolarmente potente, né, a memoria della nyana, si era mai saputo che questi avesse mai fatto uso dei suoi poteri. Jhiel il primo a inchinarsi al Saggio, posando entrambe le mani a terra con le dita aperte e tenendo il capo tanto chino da portare il mento affilato a contatto con lo sterno .
Marmenia era una donna fiera, fiera di esser un erede e fiera di essere una futura madre, lo si poteva tranquillamente leggere in occhi troppo chiari, simili a quelli del fratello ; tuttavia la pienezza del volto, le guance rese rosee dalla gravidanza, e forse la gravidanza stessa, le conferivano un aspetto più solido del fratello. Aveva capelli scuri, fra il castano ed il ramato, tratto insolito per la razza degli elfi, che tuttavia si intonavano bene al carattere che trasmettevano ad Elyana ; per la ragazza fu decisamente più complesso inchinarsi, tuttavia, prendendo il tempo che le era necessario, riuscì a fare un inchino non meno elegante di quello dell’emaciato fratello.
– BenGiunti,figli di Nyasha – la voce di Elyana era calda, sicura, riempiva non solo la grande stanza, ma vibrava anche attraverso il corpo dei due giovani , ancora inchinati dinnanzi a lei, nessuno dei due aveva alzato lo sguardo, erano perfettamente immobili, solo Jhiel era stato scosso un paio di volta da qualche brivido – Alzatevi, e venite a me .. –
Jhiel sollevò quel corpo , che pareva fin troppo pesante per lui, con pacata grazia, lanciando un rapido sguardo alla sorella, Elyana percepì nettamente il suo intento di volerla aiutare e sorreggere e quanto lo sforzo di ignorare questo istinto stesse costando al ragazzo. Dovevano muoversi da soli, in quella stanza.
Marmenia inspirò profondamente prima di sollevarsi, i loro figli sarebbero stati pressappoco coetanei, sarebbe stata in grado di governare una città e badare ad un infante contemporaneamente? La giovane Nyasha sollevò il volto austero, avanzando fino al fianco del fratello, ed insieme raggiunsero Elyana.
Sembravano profondamente diversi ed Elyana non poté fare a meno di domandarsi per quale motivo due persone cresciute nel medesimo ambiente mostrassero un temperamento così dissimile. La guardiana premette le rosee labbra fra di loro cercando di riflettere mentre i due fissavano nervosamente il terreno dinnanzi alla donna, era proibito guardare il volto della Nyana.
Non le sarebbe stato difficile comprendere la differenza fra i due se avesse conosciuto la storia di Jhiel, storia che i Nyasha si guardavano bene dal diffondere; Il giovane elfo , infatti, teneva stretto nel suo animo tormentato un incubo, il terrore di ogni mago o stregone, il fallimento in una delle prove alle quali i giovani apprendisti venivano sottoposti da tempo in quelle terre.
Jhiel si era sempre dimostrato un ragazzo dotato di una vivace intelligenza, molto intuitivo, decisamente avvezzo allo studio e ligio al dovere , tuttavia peccava in quello che è comunemente ritenuto un difetto di molti elfi, si riteneva superiore. Molti appartenenti a questa peculiare razza sono soliti sentirsi migliori del genere umano e delle altre razze in generale, forse per via del loro aspetto, non era mai nato un elfo che non potessi dirsi davvero bello, forse per la loro spiccata agilità ed eleganza, o per la longevità innaturale che permette loro di imparare ben più di quanto un uomo possa anche solo immaginare. Per questi motivi, e forse per molti altri che gli elfi stessi preferiscono tacere, Jhiel si riteneva un eletto.
Ma alla magia bisogna accostarsi con umiltà; e la punizione per questa mancanza fu pagata da Jhiel a caro prezzo, la sua persona fu presa e graffiata e ferita dalla magia stessa, egli non era abbastanza forte e maturo per affondare quel potere. Jhiel non aveva paura e si lanciò in una prova eccessiva per lui : furono mesi drammatici, in cui il suo corpo fu consumato dalla forza proveniente dalla terra , dell’acqua, del fuoco e dell’aria. Lo spirito di Jhiel fu abbastanza forte per tenerlo in vita, ma a quale prezzo ? Il suo corpo ed il suo ego erano stati plasmati secondo una nuova forma, quella che ora era dinnanzi a Elyana.
Il giovane Nyasha emise un mezzo sospiro, socchiudendo appena gli occhi per concentrarsi, nonostante tutto aveva perseverato negli studi della magia, ed ora era un mago di buone capacità, ma in un corpo troppo debole non gli permetteva di sopportare la forza stessa del suo potere. Quale frustrazione doveva essere per il giovane elfo, avere un potere che non poteva usare senza correre il rischio di uccidersi da solo ? Ma aveva appreso l’umiltà, ed accettava la sua punizione , forse nella speranza che , un giorno, la sua conoscenza avrebbe potuto sanare il suo corpo ed egli , finalmente, avrebbe potuto essere davvero quello che era solo in potenza, un mago .
Elyana socchiuse gli occhi, aprendo il cuore del giovane, e vi lesse la debolezza del corpo, la frustrazione, il dolore per la sconfitta, l’umiltà imparata a caro prezzo, ma vi era dell’altro…il desiderio di dimostrare il suo valore e le sue capacità…e poi? Cosa altro vi era?Amore, un amore profondo e solido come le radici di una grande quercia, l’affetto per sua sorella. Elyana sorrise nel percepire questo sentimento, era un uomo buono, anche se il conflitto fra il suo corpo e la sua anima lo rendevano vulnerabile.
-Uhm..- Marmenia corrugò la fronte in un espressione sofferente, automaticamente la mano destra si posò al ventre , accarezzandolo come per calmare e rassicurare la sua creatura, che probabilmente aveva appena scalciato. Era affaticata, Elyana lo poteva leggere chiaramente dall’espressione un poco tirata, e , d’altronde, poteva anche comprendere molto bene il suo stato. Cosa si celava invece nell’animo di questa fiera ed altera madre? Rigore , un educazione molto severa, era una donna forte e sicura della sua stirpe, credeva negli elfi in senso assoluto, tuttavia quanto accaduto al fratello le aveva dato un maggiore senso del della misura , anche se lei , vero Jhiel provava un amore differente, quasi velato di compassione. Era un sentimento confuso. Poi, chiara, emerse la grande paura di Marmenia, la paura per suo figlio, la paura di vedere nel proprio bambino il fallimento del fratello, era troppo sicura per dubitare della sue capacità di madre.
Elyana era confusa. Nessuno dei due spiccava in senso assoluto, entrambi avevano pregi e difetti. Ma chi era più compatibile con il ruolo di Reggente? Non sapeva abbastanza sui due ragazzi per prendere una decisione, se entrambi erano arrivati a lei , superando il giudizio degli altri membri del consiglio, significava che entrambi erano potenzialmente dei reggenti qualificati. Tuttavia a Elyana spettava il compito più ingrato, soppesare il loro animo, non tanto per stabilire se vi fosse del male , a memoria di elfo nessuna creatura di Yav era mai stata trovata di animo malvagio, quanto per comprendere chi possedeva l’umiltà e la forza per reggere le fila di quella comunità.
Fheher Nyasha , padre dei due giovani elfi, era stato un buon reggente per Y, aveva fatto riscrivere i vecchi codici degli elfi, recuperato testi che sembravano perduti, aveva fatto costruire la 4 cinta muraria di Y, completando così l’opera dei suo predecessore e in ultimo aveva ricordato al suo popolo la sua natura di razza superiore componendo una serie di canti che, a distanza di sessant’anni , erano ancora cantati alle feste ed ai banchetti.
Elyana sapeva che il padre li avrebbe guidati, nonostante i suoi trecentosette anni era un uomo attivo e presente e sarebbero trascorsi ancora molti anni prima di vederlo allontanarsi verso l’oblio; gli elfi non morivano, se non per di morte violenta, si allontanavano , incamminandosi verso una terra di cui gli elfi non osavano pronunciare il nome, semplicemente dicevano verso l’oblio. Non vi era dolore in questo, era una fase della vita di ciascun essere appartenente a quella specie peculiare.
Jhiel sospirò nuovamente, il suo corpo magro era avvolto da una casacca azzurra, sopra questa una tunica del medesimo colore ma di una tonalità più scura , legata in vita da una cintura in morbido pelle di daino, fissato da una fibia recante lo stemma di Nyasha, una fenice dalla lunga coda piumata; il suo esile corpo era qindi appesantito da un ulteriore strato, un mantello blu scuro, bordato alle maniche ed al fondo dalle rune dei maghi, a indicare il suo status di portatore di quella conoscenza. Elyana lo osservò lungamente, prima do passare nuovamente a Marmenia , che , invece, indossava una morbida veste composta da più sottane di diverse tonalità di verde, anche lei recava lo stemma di famiglia , ma impresso su un ciondolo adagiato sulla scollatura modesta, che rivelava un seno di certo non abbondante nonostante la gravidanza. Nessuna delle donne degli elfi era infatti dotata di un seno prosperoso, la bellezza delle elfe era composta, moderata, quasi infantile e nemmeno la Nyana si discostava da quel canone .
– Figli di Fheher – esordì la guardiana , erano trascorse oramai due ore e i due giovani non avevano mai alzato gli occhi, erano rimasti immobili, come due statue – alzate lo sguardo ..- la voce della guardiana si era ammorbidita, con un gesto elegante mosse la mano destra, lasciando ondeggiare la candida veste color latte a mezz’aria – e mi scuso con voi, Marmenia, se vi ho arrecato dolore, ma sapete essere necessario..-
– Nyana, voi non dovete scusarvi – la voce di Marmenia era calda e sicura, sollevò il volto con fare altezzoso, ed i suoi occhi rivelarono tutta la sua forza – sappiamo quale sia il vostro compito …
– Le nostre anime sono vostre, Nyana, così come il nostro tempo – era stato Jhiel a parlare, Elyana lo guardò stupefatta. Che voce splendida e soave, sicura e vibrante, Elyana non ricordava che il ragazzo possedesse un tale dono; come poteva quel corpo ossuto produrre un suono così morbido e pieno? Era forse la voce che nasceva dal suo spirito ? Il saggio scrutò il suo volto nuovamente, indagando gli occhi quasi incolori , e per un fugace istante vide in quelli l’uomo che avrebbe potuto essere , virile e possente, avvolto dalla veste blu dei maghi, con il volto sottile ma pieno di vita e un sorriso ammaliante, lo sguardo sicuro della sorella. Forse un giorno, jhiel, sarebbe diventato un maturo elfo di pari fascino e bellezza, ma i suoi centocinquanta anni erano troppo pochi per valutarne il futuro.
Elyana scosse appena il capo, quella visione gli aveva mostrato qualcosa del giovane che non era riuscita a cogliere prima , era così che Jhiel si sentiva, in una parte remota del suo animo.
– Il tempo che abbiamo condiviso, giovani Nyasha , è stato poco, troppo poco, tuttavia i vostri animi si sono aperti a me…quando avrò compiuto la mia scelta sarà lungo il lavoro che dovremo compiere insieme, per rendervi solidi come la roccia delle scogliere di Arnostale. – sorrise, il volto della ragazza si illuminò, era radiosa, una figura di delicata bellezza.
Jhiel si inchinò nuovamente alla guardiana, questa volta Marmenia non imitò il fratello, limitandosi a piegare appena il capo, ma Elyana comprese la sua frustrazione, anche per lei restare in piedi per così tante ore era stata una sofferenza. Avrebbe trascorso molti giorni insieme ad uno di questi due giovani, ore nelle quali avrebbero esaminato ogni angolo del suo animo, illuminando con una luce anche troppo forte le parti oscure del suo essere. Sarebbe stato un lavoro faticoso ed atroce ed Elyana avrebbe dovuto sopportare tutti i suoi dubbi, tutte le sue frustrazioni .
Ma oramai aveva decisa, Jhiel Nyasha Kienboek, contrariamente ad ogni previsione, sarebbe stato il nuovo reggente di Yavaldarelle

Simbolo : un cigno nero dal collo ricurvo su sfondo verde

Gli Hastyer sono per definizione fra i più conservatori nella cultura degli elfi. Nella storia di questa famiglia scorre una imporante vena artistica e sono molti ad aver dedicato la loro vita al piacere della musica. Tuttavia questo non è il solo pregio di questa famiglia, la magia scorre forte nel sangue degli Hastyer, in particolar modo in un ramo di questa, dove la maggior parte dei maghi presenta dei peculiari occhi color ametista. C’è chi vocifera, infatti, che questo colore sia nato dopo che un membro di questa famiglia aveva stipulato qualche patto per avere maggior potere.

Attualmente i membri della famiglia degni di nota sono Llewyn Hastyer, detto Foglia d’Oro, Reggente di Yavaldarelle nel XIV anno di Regno di Linnea e suo fratello, Aras, mago dagli occhi color ametista votato al collegio dell’Acqua.


Non c’era nulla che Syalen Hastyer amasse più della musica e del canto; era sempre stata una sua passione, fin da quando ne aveva memoria, ed anche ora , che seicentoventitrè anni segnavano appena il suo volto , non trovava nulla di più piacevole ed emozionante dei suoni.
Seduta sopra una panchina intagliata nel tronco di un albero, accanto alla propria dimora di Yavaldarelle , la dama cantava, intonando la propria voce al melodioso cinguettare degli uccelli, al suono del vento fra le foglie ed ai lontani richiami del bosco. Questa è la musica degli elfi, una voce intonata con la natura, in perfetta e struggente armonia.
Syalen portava dignitosamente i suoi anni anche agli occhi di un elfo, i suoi capelli d’argento ed oro erano intrecciati sopra il capo con una corona di grano e giacinti lilla, intonati al vestito, le mani abbandonate in grembo erano magre e lisce, teneva gli occhi socchiusi. Il mondo totalmente eclissato.
La reggente aveva visto, come molti degli elfi dei suoi anni, la crescita di Yavaldarelle, aveva conosciuto il potere delle mani delle sua gente, la forza della sua voce e della parola, aveva incontrato i rivali degli elfi e li aveva sconfitti, aveva amato ed era divenuta madre un’unica volta, dando alla luce Glamys Hatyer Hhill, ora un bellissimo giovane capace di richiamare la natura al suo volere con una sola parola.
Syalen era stata addestrata alla magia, così come il figlio, nella città protetta da VerdeManto, Eruvyanne la Splendnte, capitale della magia nelle terre degli elfi. Ogni elfo ed elfa che si fosse dimostrato predisposto alla sacra arte era mandato nella città dalle 100 torri per imparare la sacra arte per un numero proporzionale agli anni che meritava il suo potere. Syalen era vissuta a Eruvyanne per 15 anni, suo figli per 25, quando il limite per gli studi di magia degli elfi era considerato 27. Scorreva forte la magia nel sangue degli Hastyer, che forse avrebbero dovuto appartenere del tutto ad Eruvyane, senza mai giungere a Yav.
Le cento torri della città splendente spiccavano costeggiando il lago di AcquaFredda , circondate da uno stuolo di piccole casupole quadrate costruite in legno; ogni torre, costruita in un materiale atto a rimandare all’osservatore non la figura della costruzione, bensì l’immagine dell’immensità del bosco, era composta da 13 piani, ed ogni piano contiene 13 libri, 13 scrittoi e 13 letti, per permettere allo studioso di non allontanarsi mai dal proprio dovere.
Vi sono poi altre 4 singolari costruzioni a Eruvyanne, i Lleyglon, o torri dell’esercizio, dove gli studenti possono mettere in pratica quanto hanno appreso sui libri, sono costruzioni molto ampie, pentagonali, strutturate su solamente 5 piani; per accedervi è necessario essere accompagnati dal proprio istruttore fino all’11 anno di studio, quindi è dall’11-17 con un compagno di un livello superiore al 17, ed infine da 17 al 27 anno di studio vi si può accedere autonomamente. Era una educazione estremamente rigida quella che veniva imposta agli elfi di
Eruvyanne, venivano isolati dalla loro famiglia, dai loro affetti per la maggior parte dell’anno ed era concesso loro di fare ritorno alle proprie case solo per pochi giorni, in corrispondenza dei cambi di stagione. Ogni persona che affrontava l’addestramento doveva privarsi del proprio status e del proprio titolo famigliare, accostandosi con umiltà ai propri compagni ed al potere che desiderava imparare a dominare. I giovani maghi dovevano vivere nella privazione delle comodità, perché nessuna comodità doveva distrarli dallo studio, non potevano indossare che semplici veste in lino o lana cotta, a seconda della stagione, di colore diverso a seconda del grado di apprendimento raggiunto, senza alcun segno di riconoscimento della famiglia di appartenenza. Era proibito indossare sandali o scarpe, indipendentemente dalla stagione, dalla pioggia, o dal tipo di terreno su cui si doveva camminare o quanta neve e ghiaccio lo ricoprisse. Donne e uomini dovevano portare i capelli sempre acconciati sul capo, lasciando il collo completamente scoperto, sul capo , appena sotto l’attaccatura dei capelli, in corrispondenza della prominenza cervicale, erano tatuati con delle erbe naturali un certo numero di punti, proporzionali agli anni trascorsi a Eruvyanne.
Syalen, la cui bellezza aveva spezzato il cuore di umani ed elfi, aveva studiato l’antica arte della parola, votando le proprie conoscenze alla madre natura ed alla terra che è suo nutrimento e fondamenta. Il simbolo della famiglia degli Hastyer di Yav era un cigno nero dal collo ricurvo, e la reggente lo recava inciso sopra un anello che portava al medio della mano destra.
La reggenza della Hastyer non era stata fra le più serene , negli ultimi setto-otto anni la presenza degli umani lungo il confine a ovest si era fatta sempre più insistente, inoltre persistevano i secolari disordini a livello del vallo di Minothon, che da molti decenni tenevano impegnati su quel versante numerosi soldati e maghi delle terre degli elfi.
Glamys Hatyer Hhill camminava avvolto nel mantello color verde oliva lungo i piccoli vialetti di Yav, era un giovane uomo alto per lo standard degli elfi, dalle spalle larghe anche se appena curve per le ore di studio ; teneva i capelli d’oro intrecciati sopra il capo in una decina di treccine, che correvano aderenti alla nuca. Il volto , segnato da alti zigomi e labbra sottili, era bello al pari di quello della madre, e due splendidi occhi del blu splendente del cielo crepuscolare. Zoppicava appena, una vecchia ferita al ginocchio sinistro che si era procurato combattendo al vallo e che non era mai guarita, tuttavia il suo incedere non poteva non essere elegante.
Alla vista della madre, assorta nel suo dolce canto , seduta sulla panchina di pietra accanto alla loro dimora , la bellezza e la dolcezza del suo volto si illuminarono , strappando alle sue labbra sottili un sorriso di autentico amore.
Syalen , che aveva percepito la presenza del suo stesso sangue già da parecchi minuti, lasciò scemare il suo canto portando il suo cristallino sguardo sull’amato volto di Glamys – Figlio mio adorato…- la suo voce riprese, armoniosa come se non avesse smesso di cantare – sei giunto prima di quanto credessi…-
-Mia Signora, madre amata…- pronunciò, mentre posava il ginocchio sinistro a terra, inchinandosi alla donna, aveva una voce profonda, vibrante, carica di potere – al Vallo la situazione si è rivelata più tranquilla del previsto, temevamo che i nostri nemici approfittassero della coda dell’inverno, ma così non è stato…il disgelo è giunto precocemente anche a Minothon. ques’t’anno…ed eccomi giunto a voi..-
-Nulla mi rende maggiormente felice di sapere la tua vita un poco più tranquilla..- Syalen gli tesi le mani – avvicinati, lascia che gli occhi di questa vecchia donna ti guardino ancora…-
Glamys si avvicinò obbediente alla Reggente, sedendosi accanto a lei , mentre le prendeva le mani fra le sue, più grandi e calde – Ogni volta che vorrete. Madre…ogni volta…-
– Le tue mani soni calde, sento la forza delle stagioni scorrere attraverso la tua pelle …. Solo le mani di tuo padre sono in grado di farmi sentire la medesima sicurezza che provo ora , Glamys..anche se le sue sono mani da guerriero…-
– Tutto ciò che ho appreso , Madre, è merito vostro, vostro è l’amore che ho ricevuto per la sacra arte, vostro il dono della mia predisposizione….la sicurezza che voi provate, nasce dalla vostra stessa forza…-
-Il tuo animo è caldo e limpido come l’acqua delle cascate di Rointare, dove il fuoco delle montagne ricalda l’acqua più pura….-
– Se non la smettete di adularmi, amata madre e reggente, sarò costretto a montarmi la testa..- Glamys scoppiò a ridere, un suono dolce e profondo .

Simbolo: due equini argentei e rampanti che si fronteggiano, criniere al vento, su uno sfondo a scudo azzurro.

Famiglia nota per il rigore militre, molti dei suoi mementi sono entrati a far parte dell’Ethyaén diventando fra i più importanti condottieri elfici. Sempre fedeli al Reggente, anche quando non è un membro della loro famiglia.


Gyllian Cleyndhar cammina avanti ed indietro per la sala della Luna Crescente. Il passo è secco e deciso, scandito dal rigore imposto dall’educazione militare. È nervosa. Nervosa perché sa che quello che vuole proporre non sarà bene accetto dal Taryen, il Reggente di Yavaldarelle. I lineamenti dell’elfa sono induriti da anni di battaglie. Raggiungere il suo grado è concesso a ben pochi, anche se appartenenti ad una delle nobile famiglie degli elfi.
Ma a cosa serviva restare rinchiusi come topi spaventati nelle mura delle città? Questo continua a pensare, mentre attende l’arrivo del Reggente.
Gli elfi resistevano. Sì. Avrebbero resistito per anni, decenni, rinchiusi e protetti dalla loro stessa magia. Protetti dal loro stesso egoismo e dal senso di autopreservazione.
Gyllian è sempre stato un bravo soldato, non per nulla è arrivata ad indossare l’Athame. Obbedire e servire sono le prime parole che le sono state insegnate, rafforzando la sua natura già rigida ed inquadrata. Eppure negli ultimi mesi ha potuto vedere tutti quelli che sono i difetti degli elfi. Gli stessi difetti che le hanno permesso di arrivare dove è, del resto. Quelli che per molti sono dei pregi. Quelli che per molto tempo lo sono stati anche per lei. Quelli che lo sono ancora.
Cocciutaggine. Superbia. Saccenza. Autopreservazione.
Ma non possono continuare a vivere nella loro bella bolla, se vogliono realmente fare qualcosa diverso dal sopravvivere. Nonostante tutto, quello è arrivato a comprenderlo.
Hastyer. Llewyn Hastyer. Foglia d’Oro.
Ecco chi regge il destino di Yavaldarelle da dieci anni a questa parte, e lo farà per i successivi dieci. Così le nobili famiglie elfiche si alternavano al comando delle terre degli elfi. Tutti tranne i Seledi che avevano rinunciato a quel loro diritto per il trono della Valle dei Sogni. Tutti tranne i Llyandor. Esiliati dal Consiglio e dal Re anni addietro. Una storia triste nel capitolo di quella elfica, che nessuno ama riesumare.
Gyllian…- la voce di Foglia d’Oro è calda, avvolgente, come il suo sguardo. È un elfo nel pieno della sua forma, dall’incarnato ambrato ed i capelli dorati come il grano. Grandi occhi verdi ne ingentiliscono un volto dagli alti zigomi e dal naso appena troppo pronunciato.
La donna si ferma, voltandosi verso il suo Reggente. Il ginocchio destro tocca terra, lo sguardo raggiunge il suolo, davanti ai piedi del Taryen – Mio Signore – inizia a parlare, formalmente – Grazie per avermi ricevuta con così poco preavviso – Non si muove, non fino a quando non avverte lo sguardo del suo signore spostarsi da lei. Da quando Llewyn è salito al comando Gyllian è sempre stata fedele al suo Taryen, ha sempre eseguito gli ordini che le sono stati imposti, senza mai domandare nulla, non una spiegazione, non una ricompensa.
Ora, però, è venuta con una richiesta.
È mio compito ascoltare quando mi viene richiesto…- la figura di Llewyn si sposta verso l’elaborata finestra che guarda verso la piazza principale di Yavaldarelle. Come tutti, in quel periodo, anche il Reggente sembra un poco più vecchio e triste – Mi porti qualche notizia dai confini?-
Poche, Signore. Così come le nostre difese ci hanno permesso di sopravvivere e resistere ai Draghi, altrettanto ci impediscono di far entrare notizie. Se vi riferite ai Seledi, di Linnea nessuna nuova. Suo fratello è rientrato in città qualche giorno addietro, senza novità alcuna. Dalle Terre della Valle dei Sogni non ho avuto che presagi di morte, ultimamente.
Dunque non possiamo fare altre che perseverare nel nostro agire…- la voce del Reggente è chiara e limpida, non c’è esitazione nel suo pensiero. È una persona equilibrata, non si è mai dimostrato sotto le aspettative. Neppure in quel drammatico momento storico. Ha saputo dosare le risorse delle Terre degli Elfi, proteggere la sua gente senza privarla della speranza, respingere i Draghi senza consumare le sue risorse. Sì, Llewyn Hastyer. Foglia d’Oro, è un buon sovrano per quelle terre.
Trenta soldati ben addestrati. Datemi trenta soldati Mio Signore, trenta elfi per scoprire se il mondo che ci circonda è davvero bruciato –
La fronte dell’elfo alto si corruga. I lineamenti dell’Hayster si induriscono leggermente alla richiesta della donna. Perdere trenta uomini e perdere uno dei suoi soldati più valorosi non rientra nel meticoloso progetto che ha fatto per far sì che quelle terre possano sopravviver per anni, isolate. Ma Gyllian è un bravo soldato, ha condotto in prima persona la difesa di Yavaldarelle. Ha salvato le famiglie dei Boschi, ha portato la notizia della caduta dei sigilli ad Eruvianne. Ha sempre fatto il suo dovere, senza mai sbagliare. Una richiesta simile da parte della donna non può che colpire il Reggente degli Elfi.
Trenta uomini? Privare Yavaldarelle di 30 elfi per scoprire che fuori di qui ci sono cenere e fuoco? A che pro? Cosa cambierebbe agli elfi? – il Reggente è convinto del suo dire, non esita nel rispondere alla richiesta della donna. Si sporge appena verso la città, ai suoi piedi. Da lontano, tutto sembra lo stesso di sempre, da secoli e secoli. Solo un attento osservatore può rendersi conto che così non è, che il passo degli elfi è più veloce. Che guardano troppo spesso verso il cielo. Che i canti che si sentono per la città sono troppo spesso in memoria dei caduti.
Trenta uomini per capire se la nostra ostinata chiusura ci porterà, forse, ad essere gli unici a sopravvivere in questa terra.
Non è una nostra battaglia, non siamo stati noi a far sì che i sigilli si rompessero. Non abbiamo permesso noi ai Draghi di tornare in questo mondo –
Ma è comunque il nostro mondo. È il mondo dei Seledi, nostri fratelli nel sangue. È il mondo in cui queste terre esistono. Che senso avrebbe esistere senza un mondo? E per quanto davvero saremo in grado di resistere? Venti? Cinquanta anni? E poi? Ci saranno solo canti di morte a riempire le strade di Yavaldarelle ed i giovani non conosceranno altro che la disperazione e la solitudine. Avranno paura del mondo fuori dalle Terre degli Elfi.
Gyllian è appassionata e cocciuta al pari del suo sovrano. Crede in ideali più grandi di lei ed è dotata della superbia degli elfi. Per questo si è alzata in piedi nel parlare ed ora tiene la mano destra chiusa a pungo al centro del torace.
È determinata. La determinazione dei puri di cuore, quella che alcuni chiamerebbero stupidità.
Foglia d’Oro tace.
Ascolta le parole della donna. Ascolta il lamento che si leva dalla strada, l’ennesimo canto in memoria dei caduti. Cosa sono trenta uomini, infondo? Trenta uomini per avere delle risposte. Se le cose dovessero andare male non cambierebbe realmente nulla. Yavaldarelle resterà comunque chiusa nel suo guscio dorato.
Da dove vuoi passare? – domanda, tornando solo ora a guardare la donna. È il suo modo per dirle di sì.
Voglio tenermi sui confini della Valle dei Sogni…passando per Dygray…Witchcraft….Cloudfort…- solleva la mano disegnando il profilo esterno dei regni più periferici di quella parte della Valle dei Sogni …- inspira profondamente, ha riflettuto molto prima di arrivare a quella proposta – Se arrivata a Kromdar non avrò trovato risposte, tornerò indietro. Se in nessuno di questi luoghi c’è una risposta, dubito si possa trovare altrove…-
Passare nella Terra della Magia è passare vicino alla tana del nemico….-
La donna annuisce, ne è consapevole. Ma non ci sono alternative. Se vuole davvero capire se c’è una speranza per gli Elfi, se c’è una speranza per tutta la Valle dovrà passare dalla bocca dell’inferno.

Simbolo : una fenice dorata dalla lunga coda piumata su sfondo grigio.

Famiglia originaria dalla foresta di Verde Manto, spicca per essere particolarmente aperta nei confronti del “mondo esterno”.

Negli anni del Dominio dei Draghi un giovane rampollo della famiglia, Adarion, ha partecipato alla riconquista della Valle dei Sogni, aiutando prima i Clan di Dygray e muovendosi poi con l’esecito di Linnea a Cronifigua.

Simbolo: un sole dorato dai raggi ondulati su campo bianco o azzurro, il ramo Selede di Yavaldarelle si distingue dal Regnante per la presenza sullo stemma di Foglie di Quercia che si intrecciano ai raggi del sole.

Il Ramo della Famiglia non Regnante risiede nelle terre degli elfi. Amanti di una vita tranquilla i Seledi che dimorano a Yavaldarelle possiedono una ampia tenuta fuori città, dove si dedicano principlamente all’Agricoltura.

Organizzazione interna segreta del governo elfico responsabile del mantenimento dell’ordine nelle terre elfiche. Tra i suoi compiti c’è quello di condurre relazioni diplomatiche con le altre regioni, fare in modo che tutti i cittadini rispettino le leggi e acquisire informazioni sulle altre razze da sfruttare a vantaggio delle Terre Elfiche. I membri della Caitas Là i Sìr  (“oltre il fiume”) godono di una notevole discrezionalità nell’esercitare il proprio potere. L’organizzazione ha una struttura organizzativa molto agile e lascia molto spazio all’iniziativa dei singoli membri, a patto che le loro azioni portino benefici alla Razza Elfica. Un piano azzardato effettuato senza autorizzazione è tollerato solo se riesce senza problemi, altrimenti il Reggente ed il Consiglio delle Famiglie negheranno ogni coinvolgimento abbandonando chi ha fallito al proprio destino, o, in alcuni casi, ne pretenderanno la restituzione per poterlo giustiziare.

I membri della Caitas Là i Sìr sono scelti dirttamente dai membri dell’Athame e fra le alte cariche del consiglio dei Eruvyane. Sono in pochi a poter accedere a tale incarico e solo dopo aver dato prova della loro assoluta fedeltà alle Terre elfiche ed essere stati personalmente esaminati dal Nyana.

Il Nyana, ovvero il Custode degli Spiriti, è l’unico Sacerdote del Dio Falon’Din, e rappresenta nella comunità elfica una delle cariche più importanti e pregiate. Un elfo che in giovane età mostra segni del tocco del Dio viene immediatamente allontanato dalla Famiglia e dagli Affetti, per essere cresciuto secondo il culto dell’Equilibrio. Il Nyana, infatti, rappresenta un guida per il popolo: in grado di vedere gli snodi del destino di ciascun individuo ha come scopo ultimo il mantenere l’equilibdio del mondo e della natura. Il Custode degli Spiriti, inoltre, è capace di varcare la soglia del Velo e camminare nell’altrove fra gli spiriti dei morti.

La cucina Elfica

Coccoi a pitzus :  il coccoi a pitzus è un vero e proprio pane artistico. Fatto di semola di grano duro e chiamato anche su scetti, è riservato di solito a feste e grandi ricorrenze: se prodotto per un matrimonio si chiama coccoi de is sposus. Cambia nome anche secondo la forma: ad esempio, se fatto a forma di cavallo si chiama cuaddu, se a forma di melagrana si chiama arnada. È considerato un pane molto pregiato: le splendide decorazioni sulla parte superiore, infatti, vengono realizzate interamente a mano.

Culurgiones:  è un raviolo, ed è una specialità tipica della zona della Piana di Kampliosse, per quanto si possa trovare, con piccole variazioni, anche in altre zone. E’ un tipo di pasta ripiena con patate e menta e pecorino. I culurgiones vengono considerati un dono di ringraziamento: secondo la tradizione si regalano dopo il raccolto e la loro tipica chiusura, sa spighitta, è un elemento caratteristico che ha il valore simbolico di propiziare la nuova annata.

Fregula : Si produce per “rotolamento” della semola di grano duro dentro un grosso catino di coccio: così si realizzano delle palline fra i 2 e i 6 millimetri che vengono poi tostate in forno. Le sue origini sono incerte: una pietanza simile, infatti, potrebbe essere stata portatall’epoca preseleide .  È un prodotto molto versatile: si può mangiare in versione asciutta, condita con sugo di pomodoro e basilico, o in brodo, solitamente preparata con le arselle e cotta nel fumetto di pesce.

Pane secco: La lista di pani secchi è molto lunga: come per altri prodotti di facile trasporto e ridotta deperibilità, anche questi servivano ai pastori nei lunghi mesi passati a svernare il gregge. Il pane carasau,  è preparato con la semola di grano duro, ma esiste anche una versione meno pregiata a base di farina d’orzo. In molte zone, i resti del carasau vengono usati anche come pane da prima colazione. Questo pane è la base per diverse ricette, grazie alla sua capacità di assorbire liquidi.

Pardulas: Diffuse soprattutto a Yavaldarelle, sono un dolce tipico delle Feste: torte in miniatura ripiene di ricotta e zafferano oppure di formaggio, aromatizzate con arancia o limone. Le pardule a base di ricotta hanno un sapore molto delicato e armonico, mentre quelle con ripieno di formaggio, solitamente di pecora, sono più decise e sapide.